Molti anni fa comprai per la mia tavola un vassoio di legno, girevole. Ci mettevo il sale, il pepe, l’olio, l’aceto e il pane. Mio padre lo tastava in cerca di quello che gli serviva. Così non doveva chiedere continuamente qualcosa, interrompendo le conversazioni. Il vassoio girevole gli permetteva di fare da sé. Al vino pensavo io, versandolo nel suo bicchiere quasi fino all’orlo, come piaceva a lui. Mia madre mi fermava il braccio in un meccanico tentativo di riduzione, che non serviva. Col vino inghiottito mio padre dormiva bene e di sicuro in sogno ci vedeva giusto.
Fuori di tavola non aveva preso misure allo spazio intorno. Sbandava, urtava, non trovava quello che cercava. Lo sentivo frugare, allora andavo a chiedere.
Le sue retine erano strappate a buchi.
Non l’ho sentito lamentarsi della cecità.
Mi ha trasmesso i libri, la sua voglia di leggere, colpita e affondata nel buio. Rideva dei suoi sbagli. Seguiva mamma al mercato, che ogni tanto si staccava da lui. Allora gli capitava di prendere sottobraccio una sconosciuta, facendola sobbalzare di paura. Lui pure trasaliva, più spaventato della signora. A casa ne rideva.
Non so se farò in tempo a diventare cieco. So che non sarò bravo come lui.
Guardo il vassoio di legno che ancora sta sulla mia tavola, gli do un tocco per farlo ruotare, in senso antiorario. Non è un orologio e non ritorna all’ora che vorrei. Solo con la scrittura posso.
Erri De Luca
Scrittura di poesia che rende vivo il tuo ricordo e il mio e il suo e il nostro
Breve racconto serale, molto malinconico, ma ogni tanto un pò di malinconia credo che faccia bene al nostro animo e al nostro cuore.
La mia memoria torna indietro negli anni, a quando ero bambina, nella vecchia casa, al camino acceso e ai racconti del Nonno.
Occhi a te sconosciuti ti ringraziano.
parole che sanno toccare il cuore come sempre. Grazie, Erri
come non ritrovarsi nei tuoi racconti….pur avendo ancora mio padre presente ma con la mente in un altrove….una condizione estrema,non vederci quasi più tranne qualche lampo recuperato tra le retine stracciate, e non esserci;il più delle volte non mi riconosce e chiede a chi gli è prossimo chi sia quella “bella signora” ….e questo complimento ineguagliabile ha già il sapore ed il valore di un ricordo insieme ai libri,alle accese discussioni politiche,ai quotidiani scambiati e rinfacciati in nome delle diverse opinioni. Ciao Erri.
C’è una poesia di Eugenio Montale, scrive in ricordo della moglie.
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze e le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso un milione di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Commento con questi versi perché parlano con premura di una stessa trasmissione di senso, quella di una realtà che non ha a che fare con gli occhi ma con il significato della vista, del vedere. Resta per te quell’improvviso, quel pervenire non previsto che gli oggetti portano quando ricordano.
Quando leggevo il racconto di De Luca bello e commovente nella mente i versi di Montale.
Familiare ricordo in cui trovo molto di Me! Di mio Padre,anche io deditore del dono dell’Amore della Lettura e Scrittura al “Mio” patriarca.
Se la Scrittura trasmette empatia è Letteratura,
GRAZIE ERRI!
http://blogs.mediapart.fr/blog/eugenio-populin/061015/erri-de-luca-le-plateau
Immagini. Ricordi. Nei loro occhi chiari la luce della giovinezza
Il vassoio gira a servire i giorni, il tempo si capovolge. Il dopo si rovescia nel prima, adesso è il figlio a suggerire attenzioni per il padre. È un ritorno più che perfetto. Racconto di conturbante bellezza.
ma come fai a fare sempre centro, dentro di me?
…e la scrittura solleva i nostri ricordi e commuove.