Due reticolati paralleli, sei metri di altezza, lame affilate in cima: sono stati saliti e scavalcati da più di seicento giovani, scattati tutti insieme, una di queste notti di luglio. A torso nudo, per evitare che la maglietta s’impigli.
È l’atletica leggera dei tempi correnti, lo scavalco di muri, mari, monti.
È l’atletica pesante di chi solleva il proprio peso fino al bordo dello sbarramento, lasciando sulle lame il pedaggio del sangue.
Sono giovani, nel pieno della disperazione delle forze, spese nel viaggio e sull’ostacolo. Hanno smesso di sperare, per darsi allo sbaraglio. Ognuno sente l’energia sovrumana del numero, moltiplicatore di coraggio, quello che ammette di farsi decimare.
La massa critica di centinaia di giovani in una notte di luglio, senza colonna sonora di discoteche, si lancia nella peggiore gara a ostacoli dove non conta arrivare primi, ma in molti.
Imparo da loro che il futuro sta nella loro indifferenza a qualunque ferita, morte inclusa.
Quando da una spiaggia notturna una madre sale con il suo bambino su un canotto stracarico e sgonfio, ho il fotogramma dell’inesorabile. Quando l’istinto materno è sopraffatto da superiore urgenza, imparo cosa sia dover andare.
Da un’altra parte, a Roma, si sgombera di forza un campo di zingari. Le ragioni sono igieniche e sanitarie. È vero. La Giunta locale ha prima demolito container con i gabinetti, poi ha interrotto la fornitura di acqua e chiuso l’allaccio a fogne.
Sono cronache estive di militi ignoti, atleti dell’accanito allenamento al peggio, storie di persone costrette a essere eroiche.
Perché ne scrivo, perché ne riferisco? Senza intenzione di suggerire rimedio, non so guardare da un’altra parte. Non so imparare da altri esempi le virtù della specie alla quale intendo continuare a appartenere.
Roma città aperta?solo per chi porta il grembiulino bianco ……
Ho pensato all’integrazione tra affamati e digiunanti come una terapia d’urto contro le nuove solitudini del secolo. Un messaggio che oggi suona sinistro e paradossale ma che non riesce a morire: “stay hungry, stay foolish”. L’elogio alla crisi di Einstein, un insulto. Non abbiamo la stessa fibra, è certo, l’abbondanza ci lega a modelli inesistenti e irraggiungibili e Hubris ha nuove maschere.
Non dovrebbero esistere campi stanziali di nomadi perché, tolto o aggiunto il problema igienico sanitario, non cambia il fatto che siano dei ghetti. Cambia sicuramente il modo in cui chi, di dovere, deve trovare una soluzione. Non è possibile che una questione umanitaria debba alla fine trasformarsi in un algoritmo per discariche abusive. Ma spero nell’ostinazione dei terremotati di vedere le loro case risorgere dalle macerie.
Sgomberare di forza un campo cominciando a sabotarne i già precari servizi igienici è come una dichiarazione di guerra alla dignità di chi lo abita.
Caro Erri, parli bene di eroismo, resistere a un affronto alla propria natura di essere umano è come andare oltre la violenza non combattendo con altra violenza.
“A torso nudo, per evitare che la maglietta s’impigli”: preferiscono ferirsi, lasciarci la pelle se serve, sanguinare pur di andare dall’altra parte.
La disperazione del disperato non può capirla chi disperato non è. A Napoli si dice che “‘o sazio nun crede ‘o riuno” , il sazio non si fida di chi sta a digiuno.
Non si può capirla fino in fondo, ma si può rispettarla,
Grazie Erri di questa lezione.
Etty scriveva in tempi terribili
Quella baracca talvolta al chiaro di luna,fatta d’argento e d’eternità:come un giocattolino sfuggito alla mano distratta di Dio
il mondo sarà sempre un giocattolino, a noi renderlo abitabile….questa la scommessa grande e bella e tutta da giocare
L’Italia oggi-un mondo in bilico.-Non si affitta agli africani-Questa la risposta a Aboubakar,ivoriano e cittadino italiano,sociologo dirigente sindacale Usb,amico di Soumaila Sacko.
A Nuoro 4 ventenni sardi hanno rifiutato di essere serviti, in un bar di un qualunque sabato sera,da Mamadou Niang senegalese di 18 anni.Il padrone del locale Dionigio Fronteddu
risponde senza esitare che nel suo locale non si fanno distinzioni fra bianchi e neri e scrive il suo stupore ,un post che ha ricevuto molta solidarietà.Bella la foto di Mamadou su Repubblica .
Come sempre niente è scontato,la responsabilità è sempre nostra, dunque ognuno metta in gioco la sua.
Non smettere di commentare, Tappino!
Si Erri, non smettere di tenerci svegli
Sasso…
Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo.
Bisogna immaginare Sisifo felice.
(di Albert Camus, da “Il mito di Sisifo in Opere”)
Non smettere di tenerci svegli
Non smettere di scriverne Erri. Clara Giovanetti
Caro Poeta, Leggo le tue parole e dal solito TG che accompagna un pranzo a imbuto (imbuto di bocconi e d’orecchio) , m’arriva la solita notizia sulla disoccupazione. “ L’aumento della disoccupazione italiana sfiora per i giovani dai 15 ai 25 anni oltre il 30%, portando la media al 10-11% della media generica nazionale a una situazione di stabilità”. Cazzo! Ho pensato, siamo stabilmente nella cacca, da oltre 8 anni, unica conquista affidabile di mille bandiere che si susseguono da vent’anni a questa parte, unica costante. Mi chiedo poi, vedendo le immagini dei ragazzi che tentano di scavalcare la rete pericolosa a Melilla, cosa penseranno di trovare in un’Europa che non ha molto da offrire pure ai suoi figli? E che cazzarola avrà mai da difendere la Spagna da un manicolo di pochi ragazzi affamati ( i quali han dimostrato una resistenza che anticamente sarebbe stata premiata per rispetto?). Vedo i giovani, italiani e non, in generale costretti alle Olimpiadi del morto di fame: il salto del pasto, la staffetta a fine mese, il lancio del fagotto oltre la rete, la corsa a ostacoli per sbarcare da qualche parte sedicente ‘democratica’, accomunati tutti dalla speranza di farcela, di portare avanti l’asticella della vita in posizione abbastanza adulta da essere esclusi dal nomignoli di ‘fastidiosa gente da sistemare’. Certo, i nostri giovani italiani sbarcano con documento e pancia piena verso Germania e Inghilterra, meno poveri di quelli di Melilla o Calais o Ventimiglia… magari con laurea in tasca (a cui molti suggeriscono di accartocciare a mo’ di supposta e far altro uso, ormai!). Ma molto simili per il trattamento di sufficienza e spietatezza con il quale vengono trattati sotto molte bandiere. E fanno schifo i politici, fanno schifo per insufficienza e per il modo sbrigativo con il quale trattano sia il problema del mancato impiego, sia quello dell’immigrazione nuova e stanziale. Se non fosse per la recente rilettura del libro di Primo Levi, augurerei loro di passare tra le reti di vergogna dentro le quali stanno costringendo tanta gioventù, reti di metallo elettrificate e quelli invisibili di mancate opportunità, un anno di privazione forzata (e si spera: di riflessione) toccata ai nostri giovani, variante di qualcosa di molto più drammatico (Ma so che Primo Levi mi tirerebbe un malrovescio… per l’accostamento). Non so, Erri, vedo che così non va; non ho più molta fiducia che il futuro in Italia e in Europa possa cambiare. E, per quanto mi aspetti un rovesciamento di intenzioni popolare, mi accorgo che la gente si sta assuefacendo alla melma. Sono tempi molto duri per chi ha una coscienza sociale, ma non abbiamo altra via che continuare a cercare il dialogo. Chissà, tra questi politicastri sbucherà fuori un Pasolini prima o poi, ma speriamo non sia troppo tardi. Un bacio grande <3
Non smettere di replicare, Tappino!
🙂
Forse è questa forza di gioventù e rabbia che annusano i razzisti nostrani.L’odio razzista sembrava un sentimento di altri tempi e di altri luoghi,obsoleto,denutrito.
Oggi c’è chi lo cura ogni giorno con una meticolosità incosciente,quasi leggera.Non ci si può voltare da un’altra parte perchè l’altra parte può essere solo il nostro ombelico.