Sono stato a Calitri di recente, invitato in una sua piazza a raccontare storie. Calitri sta nella vasta provincia di Avellino, un’ora di strada più a sud. Per una settimana di agosto il piccolo centro riceve compagnia dal mondo e si trasforma in un libero mercato di offerte musicali e di voci.
Ogni anno le allarga e le distende un po’ di più Vinicio Capossela, figlio di gente del posto, nato in Germania per il motivo opposto a quello del turismo.
Calitri è il meridione che s’illumina a festa. In cima a una collina, lontano dal Tirreno quanto dall’Adriatico, sta in disparte dalle grandi vie di passaggio. Riceve solo ospiti felici di raggiungerla.
Il suo raduno aperto alle stelle di agosto si chiama “Sponz”, che in idioma suo è: mettere a spugnare. Cosa? Per diversi giorni si spugna il baccalà, il merluzzo pescato nell’Atlantico e scaricato nelle cucine del Mediterraneo. Un tempo era pietanza povera, perciò provvidenziale.
La durata della spugnatura diventa unità di misura dello “Sponz” di Calitri.
Vengono musicisti che inventano pretesti per rimanere di più. Fingono di essere molto salati e bisognosi di una prolungata spugnatura.
Da spaesato, mi fermo poche ore, riparto nella notte dopo la parlata sulla piazza.
Chiedo a Emma, che mi accoglie a Calitri, chi paga il conto della festa: l’elenco è virtuoso, mancano le sigle dei potentati d’Italia. Il sindaco si prodiga insieme alla sua amministrazione. Sa di sperimentare un’eccezione di risorgimento. Sono lieto di costare niente ai loro conti.
Nel borgo antico, stretto intorno al castello sulla cima, si aprono grotte per ristoro, con musica suonata dentro la cassa armonica di caverne fresche.
Prima di piantarmi sul palco inghiotto un purè di fave che mi fa risalire al secolo precedente, agli antipasti che facevano il pasto.
Fuori delle mura una piazza sta seduta in terra, appoggiata a ringhiere, in ascolto, mentre si piglia il venticello che stempera le fiammate del tramonto.
Sulla via del ritorno mi è rimasto a lungo in faccia un piccolo sorriso di congratulazione. Mio padre in rare occasioni diceva una strofa non so dove imparata:
“Bella l’Italia, ma bella assai,
chiedi ed avrai”.
Erri
una estate calda?sì molto calda
è vero :reply sempre reply è doveroso
Alla signora Pamela,che non leggerà sicuramente queste righe,armata di bastone e ai suoi amici,che non leggeranno pure loro queste righe,un consiglio
del tutto disinteressato :di notte i negri non si vedono appunto perchè del tutto neri si confondono col nero della notte allora che fare per scovarli meglio ?
Consiglio una stella gialla luminosa da appuntare sulla maglietta ,il modo per farlo si può trovare con le buone o con le cattive,abbiamo numerosi esempi nel passato :funzionano,
è certo.Tanti auguri e figli maschi o una figlia maschia come lei
È stato un onore stare sulla mia piazza , col naso all’insù , ad inghiottire le sua storie . Grazie .
Le parole non si possono sponzare
sono figlie del tempo,portano un peso
che non si può ignorare.
Chi lo fa ne porti tutta la responsabilità .
La natura ha un altro linguaggio ci guarda
indifferente come le sue stelle
È naturale naturalmente amorale.
Quindi attenzione alle parole possono
fare molto molto male.
A Roma solita violenza:parole malate
persone malmenate
Ah, sponzare una frisella però è qualcosa che non puoi lasciare che accada e nel frattempo fai qualcos’altro. Devi assistere, e prontamente intervenire attivamente, allo sponzare di una frisella. Che poi mi fa pensare alla cittadinanza onoraria: più dignitosa dell’altra. Saremmo tutti conterranei per meriti. Confinanti per affetto. Mentre i furfanti di tutti i colori potrebbero non poter sponzare più ill loro merluzzo.
Capaci chissà forse Falcone aveva improvvisamente intuito….
Vinicio Capossela e Erri
Parole e musica illuminano un bel borgo italiano.
Si vorrebbe la stessa luce a Capaci dove sono
stati capaci.. …
Tutto vero, forse, quasi …
https://www.facebook.com/sponzfest/videos/826674657501581/
Immenso.
Molto piu’ delle mie aspettativa, alle tue parole ho piano di gioia.
Grazie
Negli anni dell’adolescenza tra gli amici di birra e falò c’era Giuseppe, occhi azzurri e tristi, provetto ingegnere col pallino della musica. Aveva casa a Calitri, di lui ricordo qualche racconto stralunato e la sua pazienza nell’insegnarmi a strimpellare una chitarra. Lui suonava benissimo, componeva canzoni semiserie che – secondo me – è il contrario di frivole. Aveva molto da dire, storie profonde che non facevano ridere, eppure ti mettevano dentro l’allegria dell’ascolto. Leggere le parole di Erri su Calitri mi ha fatto pensare a quanto poco si è giovani, quando si è giovani.
Italia ,le sue belle piazze,quasi ovunque uno spartito musicale