Dal tempo governato dal più, mi sono congedato allo scadere dei cinquant’anni, per la ragionevole ipotesi che non se ne sarebbero aggiunti altrettanti.
Once upon a time, I came across the following scene: A small child wishes his grandmother happy birthday, and then says, “Cheer up, Grandma, most of it is done.” This comment inspired the title of my last book to be published in Italy: The Most and the Least.
Most is a life counted out, as it happened; least is what has yet to happen—it corresponds to that interim adverb for time, ancora (a word in Italian that can mean both “still” or “again,” and, more to the point, “yet”). By its very nature, ancora has no fixed expiration. For me it’s an adverb that advises—that I should still keep at it a bit longer, write a bit more, keep meddling with the world, climb. Even now: ancora is the most affectionate exhortation not to put things off. At my age, ancora is the best possible greeting to give people of my generation, or myself. I took leave of the time governed by most when fifty years went by, reasonably supposing that there wouldn’t be a second fifty.
A year earlier, in 1999, I took leave of my century in Belgrade, in the noisiest spring of its history. I didn’t write anything during that sojourn among the ruins, I kept up my usual morning reading, and then I would alternate between the pages of Holderlin or Dylan Thomas, carried around throughout the day. During those hours, the pages had the force of voices, and they rose above the drone of civil defense sirens. I am beholden to voices. Writer is the title I exploit, but, as far as I’m concerned, it’s a second-level application compared to the activity of listener. I listen to voices even when there are none. I extract them from the pages I read.
A funny business, that of a writer—a merchant selling pages from just one author. The telling of stories is an ancient form of amusement. There ought to be storytellers in every square, their voices keeping passersby company, just like street musicians, jugglers, and caricaturists. They’d make a fair wage, on money earned from gratitude, not charity. Instead, due to some misunderstanding, they stand on a soapbox they take for a pulpit, when it’s really a parrot’s perch. A writer pulls the ticket with a winning phrase out of a box.
Misunderstandings are a classic device, common to tragedies and comedies, but also very much a part of the way life happens. I’ll conclude these digressions, at the close of business for 2015, with an unfortunate misunderstanding that happened to Mikhail Bakunin, the most celebrated revolutionary in the anarchist movement. He died an exile in Switzerland, and, in order for the death to be recorded officially, he had to be given a title. The most dogged enemy, along with Marx, of private property was irreparably misinterpreted at the end of his life—as a “landowner.”
Happy ancora to everyone, with some exceptions.
Ci sono delle figure nascoste nei grandi ritratti di Paolo Veronese, ne scorgiamo appena il profilo nell’ombra, di esse spunta solo un braccio o una gamba da dietro una colonna: non ne conosceremo mai il viso eppure, venissero tolte, il quadro non avrebbe più la stessa profondità di spazio che esse creano.
Contare allora il numero delle teste che si vedono in quelle tele è veramente un gioco scemo.
Così trovo inutile contare la quantità dei nostri giorni senza avere per essi un punto di riferimento.
Meglio contare di più sui nostri giorni, impicciandoci degli altri, prendendocene cura.
Tutto è prezioso anche le pietre. E soprattutto l’amore.
Ancora. Vel hodie.
Buon ancora e’ una bella spinta! Grazie per avere ancora un tuo libro da leggere!
in questi giorni mi sono immersa nel tuo il piu’ e il meno, bellissimo. i tuoi racconti svelano un sentire profondo, di uomo autentico. le tue parole dipinte con maestria, alimentano le mie voci interiori, avvolgendo la mia mente. grazie. buon anno
francesca
Come tepore ti avvolge la riconoscenza di tutti coloro, tanti, che ti stimano e ti vogliono bene. A questa si accompagna la mia.
Riconoscenza che va alla passione, al coraggio, alla coerenza.
Allo sguardo delicato e profondo, filtro dell’universo femminile (quello che sostieni di conoscere poco…), quando questo diviene bersaglio di attenzione.
Riconoscenza alla pazienza, dote in disuso: hai per ciascuno un ascolto.
Alla bottega di storie in cui, come un Mastro Geppetto col suo prodigio, riempi di un senso nuovo e di vita propria parole che, altrimenti, resterebbe puro assemblaggio di sillabe a scopo comunicativo. Dalla tua penna, ogni parola da bruco diventa farfalla, da spartito diventa musica, da pianeta diventa stella.
Un brindisi, dunque, alla caparbia “solitudine troppo rumorosa” dalle mani grandi e forti.
Una bottiglia di rosso, naturalmente.
Ogni volta che leggo De Luca torno , non so perché , un po’ bambino e volo , leggero !!! Grazie e un buon ancora a chi davvero lo merita . Alfredo Regoli
buon anno ad una voce limpida e responsabile, ad un romanziere che ha più filosofia lui in uno dei suoi romanzi che Cacciari in tutte le sue manifestazioni, buon anno alle radici, ai tronchi alle fronde dei tuoi e di tutti gli alberi del mondo, buon anno alla verità, buon anno a Erri De Luca
Portare il pensiero profondo in superficie con semplicità riempie il nostro animo e quello degli altri.