Di un quadro di un paesaggio guardo per prima cosa il cielo. Poi scendo sulla materia stesa al di sotto, che di solito dà titolo e soggetto. Mentre una pagina si legge nel solo modo orizzontale scorrendo le righe, un dipinto può avere molti traversi di lettura.
Non ho una cultura pittorica, solo gusti di passante. Mi piace Velazquez che mi dimostra l’esistenza della perfezione. Mi affascina l’affresco che non ammette ritocchi, cancellature, così è l’equivalente in alpinismo di una scalata in assolo integrale, senza corda.
Mio padre possedeva poco più di un centinaio di riproduzioni di quadri, assortiti dal casaccio del suo piacere. Mi mostrava le immagini, poi le copriva e mi chiedeva quante gambe si vedevano, di quale colore era una tale tovaglia. Era un raro gioco che si concedeva e io ce la mettevo tutta per farlo durare. Prima di questo si era già consumato il gioco precedente di indovinare gli autori. Avevo imparato presto a memoria la collezione. Ricordo nomi astrusi di pittori che avrei incontrato di rado nei musei: Gherardo Delle Notti, Bramantino. I giochi smettono, interrotti da qualche avvenimento. Questo con i quadri finì con un trasloco. Nel passaggio all’appartamento successivo si perse l’arruffata collezione. Mi è rimasto il gusto del figurativo. Picasso è uno spartiacque, mi fermo prima, con una eccezione per Chagall. Di recente in una visita a una collezione ho annotato il dettaglio delle nuvole: quelle olandesi di Salomon Von Ruisdael, quelle francesi di Alfred Sisley, quelle inglesi di John Constable. Erano tre cieli in viaggio e toglievano importanza al paesaggio di sotto. Opposta la veduta di Venezia di Francesco Guardi: sopra il Canal Grande il suo cielo stava affumicato, spento e prendeva luce dal basso.
So di essere un terrestre, non tentato dall’alto dei cieli. Pratico montagne per desiderio di seguire il suolo fino in cima alle sue impennate verso l’alto, non per avvicinarmi a un gradino del firmamento. Dalla sommità raggiunta guardo intorno a me e in basso, senza rivolgermi alla metà di spazio che comincia dalla mia testa in su. Però davanti al quadro di un paesaggio sono attirato dal cielo. Mi attrae l’impasto di colori che vuole descrivere l’aria, il vento, il vapore di nuvole che mentre vengono dipinte già sono cambiate. So che lassù tra i cumuli l’aria è irrespirabile. Da praticante di scalate ho avuto il privilegio di vedere le nuvole sotto di me e di conoscere il più assoluto bianco del loro dorso al sole, senza bisogno di salire dentro un aeroplano.
Di fronte all’Italia di oggi sto come davanti a un quadro, da osservatore di paesaggio. Vedo l’alto di nuvole che scendono, si abbassano a rimescolare e ridurre la distanza con il suolo. L’accostamento produce un’elettricità di attrito, si accendono scintille, come succede con l’arrivo di un temporale.
Erri De Luca
(in Foto: Alfred Sisley- Flood at Port-Marly (1876))
amen
per quale motivo il mio commento,alla fine così banale,è sottoposto a una sorta di tribunale così a lungo?lì alla fondazione tutti contenti,tutti allegri,tutte anime belle? la cosa sarebbe oltremodo penosa mi pare….
.punto
Il ritardo è dovuto a motivi tecnici.Giudicare senza conoscere è per me che le rispondo, molto triste. Paola
solo quando il dolore ci inebetisce,quando si è nel vicolo cieco,si può stare come osservatori davanti a un quadro…
poi ,per fortuna , il sangue torna a scorrere nelle vene….
Cosa scriverebbe Erri De Luca di fronte ad un albero di Carlo Mattioli? E di fronte all’Italia capovolta di Luciano Fabro^
Davanti alla tua lettura di un quadro vedo l’aperto
forse solo i disperati che attraversano acque pericolose guardano davvero il cielo o meglio i cieli:quello sopra di loro ,enorme,,quello vorticoso come certi cieli di V.van Gogh che frenetico si attorciglia nella loro testa, forse quello de_La nave negriera_che temono di avere davanti anche se non conoscono Turner.
Forse noi siamo diventati come piccole formiche per riuscire ad alzare gli occhi ogni tanto……
Caro Erri, mi auguro che la distanza tra le nuvole e il suolo rimanga… se il cielo si appiattisce sulla terra, nessuno alzerà gli occhi, di cosa si nutriranno i desideri? Nel desiderio di un uomo risiede anche il suo peso come persona. Giustamente parli di montagne, abbiamo bisogno di altezze e di vette, per dare senso anche al passo in pianura…lasciamoli alti i cieli, che le aquile non siano costrette a pascolare.
L’azzuro del quadro “la chiesa di Auvers-sur Oise” di Vincent Van Gogh può bastare come augurio per il tuo compleanno?