Al teatro di periferia del Quarticciolo a Roma ero a fare una serata di racconti. Prima di me un giovane del quartiere chiede la parola. Riferisce di uno sfratto: molti mezzi blindati alle 7 del mattino hanno cacciato via da uno scantinato una madre e tre figli.
Hanno agito in deroga alla legge che vieta di togliere un tetto in pieno inverno. I giovani si sono organizzati, hanno convocato un’assemblea popolare per dare risposta a quella famiglia e ai molti abitanti minacciati da simili azioni selvagge.
Su piccola scala si svolge nella città uno scontro tra deserto e semina. Chi sfratta in inverno da uno scantinato una madre con figli, promuove il deserto che isola, che esclude, che divide. Chi opera per riunire le fibre di una comunità, per proteggere, invece semina.
Ho letto il racconto di un ergastolano, Francesco Carannante. Sta in regime speciale da più di mezza vita. Ha cercato e trovato occasioni di resistere al deserto. Ha studiato, si è laureato, prosegue negli studi, partecipa da attore a lavori teatrali. Un giorno ha messo un fagiolo secco in un bicchiere con un po’ di terra. Lo ha innaffiato, ha visto nascere la piantina.
Anche lui porta esempio della lotta tra il deserto e la semina, tra lo sconforto degli isolamenti e la volontà di salvare i giorni dal macero.
A Casetta Rossa il 3 febbraio in molti abbiamo celebrato un anno di “Pasti Sospesi”. Tremilatrecento pranzi messi in tavola da tanti Romani che hanno versato cinque euro. Tremilatrecento persone in stato di necessità, italiane e straniere, hanno smesso di vergognarsi. Si sono potute sedere a tavola, invitate, da cittadino a cittadino.
I molti cittadini venuti a Casetta Rossa il 3 febbraio hanno offerto altri duecentosette pasti sospesi.
Anche qui prosegue la lotta tra deserto e semina. Roma è fertile di opere dedicate a includere, a condividere, a proteggere. Non per bontà d’animo, ma per vivere insieme in un posto migliore.
Il deserto, ben rappresentato dalla campagna elettorale in corso, non la spunterà contro i seminatori.
Da vero un meraviglioso scrittore. Ogni parola é arte.
E’meglio prevenire gli attacchi.E’possibile,spesso.Vigilanza deve essere la parola in prima fila,oggi.Vigilanza che a Macerata non c’è stata.Dopo si è trasformata in città blindata
dalla paura : dei fascisti e degli sfascisti , di un passato che non passa e di un presente che non sa guardare in faccia le contraddizioni che avvelenano l’aria che respiriamo.
Macerata di nome e di fatto.Da una parte Pamela che lascia scritto–Voi mi odiate e io per dispetto vi amo—parole che oggi fanno venire i brividi ; dall’altra un razzista di razza,e non è un gioco di parole, che spara a persone innocenti per far uscire la rabbia della sua vita rabbiosa.Intorno alla città un corteo come un anello.Gli anelli non aprono brecce.C’è una gran confusione sotto il cielo.A Roma, il 24, spero ci possa essere un enorme fiume con tanti affluenti, che riesca a mettere in sicurezza gli argini –non per bontà d’animo,ma per vivere insieme in un posto migliore–
Viene anche a me di fare gesti di semina ogni volta che ricevo un’ingiustizia. Zitta, sorrido, e questa mi sembra opera di pazienza e speranza come restare ad aspettare che spunti un fiore. Spesso è l’arma migliore quella di non restituire male con male: per spiazzare il nemico occorre ritirarsi, proprio un attimo prima in cui dall’altra parte ci si para a difesa in attesa del contrattacco.
La parola ,quando ha questa densità,questa forza,e sì anche questa bellezza,può molto se
si -ascolta -in solitudine e in silenzio.Anche se ci spezza il cuore……forse proprio per questo.
MANDEL’STAM -HANNO IMMOLATO ANCORA UNA VOLTA
COME UN AGNELLO IL CRANIO DELLA VITA-
Parole come sculture in pietra,parole visibili,una sorta di YAD VASHEM ,un memoriale russo in forma di poesia.
Erri -Nel mondo intorno si accumulano materie dolenti,non si riesce neanche nell’aggiornamento della quantità di offese al genere umano,agli animali,al suolo,
La valanga preme alla porta di casa…….- La valanga rischia anche di essere dentro le porte di casa,Erri,purtroppo.Occorre ,qui e ora ,vigilanza e discernimento per
poter continuare a distribuire segni e pasti nei tanti deserti italiani,e per cercare di fermare il deserto
Quando ero bambina duemila era un numero magico,incantatore.Ora eccolo qui,sotto ai nostri occhi.Immagini tremende.
Si continua a morire così per il gioco crudele dei potenti,a cui forse lo stesso gioco è sfuggito di mano,in Siria e altrove.
Un poeta,il grande MANDEL’STAM,ha saputo dirlo a se stesso e a noi ,così
Mio secolo,mia belva,chi saprà
fissare lo sguardo nelle tue pupille
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Tenera cartilagine di bimbo
è il secolo infantile della terra
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Nessuno ha saputo dirlo meglio
Salvatore Quasimodo scriveva:
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo…
Parafrasando l’uomo di deserto…
Mi viene da pensare che una vita da social ha notevoli ripercussioni nella crescita della personalità individuale. Il suo divenire può essere cosciente soltanto se ognuno è capace di un’ampiezza interiore che corrisponda alla grandezza del contenuto di ciò che l’esperienza di gruppo insegna. Perché a volte un compito difficile può servire soltanto a sottolineare un’incapacità: soli si è sempre come non si è, il centro è sempre spostato. E questo fa paura. Si idealizza ciò che si teme rientrando nel gruppo per non sentire il timore delle proprie responsabilità, divenendo però vittima della propria suggestionabilita’. “Quotare” in maniera acritica è quel divenire incosciente probabile.
Mi è stato insegnato che i comportamenti irrazionali e distruttivi sono sempre generati dalla paura. La paura ha radici profonde e lontane; la spinta alla sopravvivenza (cibo, riproduzione) e la spinta a fuggire dai pericoli, sono “pressioni evolutive” fondamentali nella storia della specie umana. Le forme della paura sono visibili oggi nel razzismo, nella difesa esasperata del territorio, dell’identità, del privilegio, nella mancanza di empatia, nel considerare la vita e le persone come meccanismi variabili dell’economia. Perché abbiamo paura di “sentire” la vita nella sua interezza: gioia e dolore insieme. Abbiamo paura di “sentire, conoscere e affrontare gli aspetti dolorosi della vita”.
Per contrastare la paura che genera odio e indifferenza abbiamo forse una sola arma: far crescere in noi e attorno a noi conoscenza e consapevolezza. E avere cura della vita, in ogni sua espressione.
Anche qui prosegue la lotta tra deserto e semina. Roma è fertile di opere dedicate a includere, a condividere, a proteggere. Non per bontà d’animo, ma per vivere insieme in un posto migliore.
… perché tutto questo sia potuto accadere?
La mia città è tappezzata di gigantografie di un faccione con uno pseudo-sorriso e sotto di lui una scritta visibile anche agli ipovedenti (non si sa mai!): “Prima gli italiani”.
Che deserto!
Il dramma – come è accaduto altre volte nella storia – è che ci sono milioni di persone pronte a seguirlo.
La moschea della Misericordia che a Catania è un punto di riferimento anche per tante famiglie indigenti italiane.
Non fa rumore un seme che si schiude. Accade. L’uomo getta il seme nella terra…”dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa”.
Viene in mente -Il Vangelo secondo Matteo -di Pasolini,il suo Cristo scuro di occhi e di pelle.Geniale regista,il suo Gesù un vero ebreo palestinese,i volti dei protagonisti facce della strada,i tanti visi che si incontrano quando si cammina.Aveva capito,e pagato poi a caro prezzo,perchè – siamo tanti e tutti diversi–perchè tutti a immagine e somiglianza di Dio-.
Gli sputi dei fascisti al festival di Venezia furono solo un tempo anticipato della sua morte violenta.Ma qualcuno può ancora pensare ,oggi, che Dio abbia gli occhi azzurri ?
Allora laviamoci le mani ,Erri,e cominciamo a distribuire il pane perchè i deserti che stanno arrivando sono molti e non devono prevalere sui seminatori .
Ora restituiamo ai feriti i loro nomi.Diventeranno più reali per tutti.
Wilson scampato da una prigione in Libia
Festus tassista nigeriano
Omar nato in Gambia
Jennifer nata sul delta del Niger
Mohammad nato a Gao Mali
Gideon nato in Nigeria.
Lo stato italiano si scusi a nome di noi tutti.E non in modo formale sappia riportare la fiducia tra queste persone .Il più giovane tra loro ha 19 anni ,il più vecchio 32.
Sappiamo fermarci ,anche solo per un attimo,strappare al nostro folle correre un momento per capire ,o almeno tentare di farlo,perchè tutto questo sia potuto accadere?
E’necessario aggiungere che a essere colpiti dalla furia razzista che ha colpito a caso sono state sei persone di colore?
E adesso diamo a Luca Traini una Costituzione in mano ,che il carcere lo aiuti a capire su quali valori si fonda il paese in cui abita.
Luca Traini,povero squalo acefalo,ha sparato a sei persone, protetto dall’acqua sporca in cui furiosamente si dibatteva.
Nessuno se ne era accorto?Questa acqua fangosa è qualcosa di più dello schifo.
Condivido. Aggiungo soltanto che questo pesce di rango fangoso ha bisogno di un espediente per farsi notare.
C’era una volta Roma.
C’era una volta l’Estate romana,c’era una volta Renato Nicolini.
Tra -Le città invisibili- di Calvino manca -la città effimera-ma anche per lei queste parole calzano a pennello
-cercare e saper riconoscere chi e che cosa,in mezzo all’inferno,non è inferno,e farlo durare,e dargli spazio.-Bravi Erri e company.
e -tra meno di un mese-saper riconoscere i nuovi seminatori,,,,,,
Si può arginare il deserto, vivendolo come scelta libera di apertura all’ignoto per liberarsi dalla guerra dell’udire, quella del parlare e quella del vedere. Ma per arginare la guerra del cuore forse bisognerebbe non … emarginare alcuno in uno scantinato, quando i piani alti della soffitta sono occupati per dieci mesi dall’albero di Natale e almeno tutti sanno dove trovarlo.
Finché la maggior aspirazione di una cospicua fetta di giovani elettori consiste nell’ottenere un selfie accanto a un leader “felpato” da postare su facebook,
finché una cospicua fetta di cittadini è convinta che i terroristi arrivano mimetizzati fra neonati e donne incinte (“capaci solo a sfornare marmocchi”) con le armi nascoste nei “sottofondi” dei barconi mezzi sgonfi,
più che ottimismo è un atto di fede incrollabile nell’amore il pensare che il deserto – tra meno di un mese – non la spunterà contro i seminatori.
Quasi quasi provo a crederci anch’io..
In compenso a Torino consentono lo sgombero dei barboni, senza dirci dove li collocano e buttando via i loro pochi averi mentre si allontanano per pisciare. E la fanno passare come normale azione di pulizia… tra pulizia e polizia mi sembra passi il treno dell’umanità, ma si sa: oggi i treni deragliano spesso. State facendo opera di misericordia, è manna quella che date ogni giorno, Dio vi usa da tramite. Allora lavati le mani Erri, stai distribuendo il Pane per… il pane nuovo <3 che arriva da mille deserti. Tanti baci <3 poeta
Il Don Chisciotte di Picasso-scrittura in bianco e nero
Il Don Chisciotte di Chagall-visione tragica a colori.
Un meraviglioso scrittore donchisciottesco trasforma la sua angoscia seminando segni e pasti in un pezzo di deserto romano insieme ai molti di -Casetta rossa-.GRAZIE