Il viaggio in Ucraina comporta la rimessa a punto delle precedenze, delle cose importanti. Cibo, acqua, luce impongono le loro priorità.
Come molti che possono fornire aiuti, anche Giacinto e io stiamo portando generatori. Ne abbiamo scaricati due in due orfanotrofi, insieme al resto dei generi necessari.
È buia l’Ucraina di questo inverno e di questa guerra che tratta da bersagli militari le città e le centrali elettriche.
Tutto quanto riguarda la minuta vita delle popolazioni civili sta nel mirino delle artiglierie.
Capita di ripensare diversamente al tempo. Il nostro è ben scandito da orari, tappe, in un circuito di circa tremila chilometri a/r.
Il tempo degli Ucraini è un autobus fermo dal quale non scendono passeggeri. Da quasi un anno è in sosta, spento a bordo strada.
Intorno il mondo corre sulla sua pista, lasciandoli indietro.
Non è tutta metafora questa dell’autobus. Ce ne sono di fermi, accampati, col profilo di facce appoggiate al vetro.
Abbiamo il privilegio di oltrepassarli, muoverci, mentre a loro spetta un arresto senza la scadenza.
Il buio, antico come il mondo, ora è un’arma da guerra.
Al rientro da Ucraina vado a camminare al mare.
Mi rimetto nel tempo con il vecchio sistema di stare a sentire le onde.
Esprimo il desiderio di incontrare Erri, finché saremo entrambi di questo mondo.
Ma sono anche ragionevolmente certa che una simile anima vibrante la si potrà incontrare anche in altre dimensioni.
Grazie, stupenda riflessione
grazie , Erri…
Dimmi, per favore, cosa ti dicono?