Un’aula di Tribunale è il posto dove il cittadino incontra lo Stato. Suddiviso in stanze, sezioni, percorso da corridoi, arredato con celle per imputati già detenuti, il passante ha l’impressione di aggirarsi in una disordinata biblioteca, dove ogni caso da’ titolo a un fascicolo e a una storia.
I capitoli sono assortiti alla rinfusa, al racconto di un furto segue quello di una rissa, di un incidente stradale e, nel caso più interessante, di una truffa. L’abilità di ingannare il prossimo suscita spesso meraviglia, ingrediente necessario all’arte di avvincere. In Tribunale si incontra la narrativa allo stato nascente, con versioni diverse, ognuna delle quali aspira a essere creduta o almeno a essere soppesata, sospendendo l’incredulità.
Alcune storie sono affollate di ascoltatori, seguite da telecamere, altre deserte, alle quali è misteriosamente negato il diritto al pubblico interesse.
Nell’aula ci sono posti assegnati alle parti in causa ma non è scritto nessun cartello di “riservato”, si tratta di consuetudine. I racconti sono narrati in forma di dialogo, uno interroga, l’altro risponde. È uno stile vivace che ricalca il teatro.
Alcuni, detti testimoni, sono tenuti a rappresentare il ricordo di un fatto. Eseguono il compito dopo avere dichiarato a voce alta di affermare il vero, inoltre di non nascondere ciò che sanno. Questa seconda affermazione è molto più impegnativa della prima e in pratica impossibile da ottemperare. Ogni persona tende a nascondere qualcosa. Anzi si può dire addirittura che una persona consista proprio in quello che non dice.
Alla fine del racconto che può durare dei mesi, arriva una conclusione, detta sentenza, che non c’entra nulla con la storia narrata, ma vuole esserne la fine, che deve pure esserci.
Molte persone non sono mai entrate in un Tribunale. È interessante allora ascoltare le loro impressioni, anche se sfavorevoli e non desiderose di una seconda visita.
L’incontro cono lo Stato lascia generalmente perplessi.
“(…) Ogni persona tende a nascondere qualcosa. Anzi si può dire addirittura che una persona consista proprio in quello che non dice. (…)
L’incontro cono lo Stato lascia generalmente perplessi.”
IL TRIBUNALE E’ UN LUOGO ALIENANTE. PER ALIENI CHE NON SANNO STARE BENE AL MONDO (SECONDO ME).
TU, INVECE, ERRI, SAI STARE BENE AL MONDO.
E SAI FAR STARE BENE GLI ALTRI. UNA BELLA MASSA DI ALTRI (DA TE).
ORA DOVRESTI PENSARE SOLO A STARE BENE.
🙂 Paola
Nel tuo processo a porte aperte, entri con uno strascico lunghissimo di lettori, più ingombrante di quello delle spose. E’ ricamato di facce di ogni genere, assemblato in poco spazio, in più è in continuo movimento, per lo scambio dei posti e l’alternarsi solidale dei seduti con chi sta in piedi. Poi rumoreggia, commenta con sbuffi e risa mal trattenute il circolare di frasi vuote, di formule sterili, di accuse inconsistenti. Fa da inciampo inesorabile a voci puntate contro, che hanno la sostanza delle sabbie mobili. Alle tue spalle, non solo accanto, hai i tuoi difensori, caparbiamente filologi, che amano le parole pronunciate, scritte e non ritrattate, e ne sostengono la libertà di diffondersi e di mettersi di traverso. E’ l’effetto collaterale, non previsto, che si produce quando si porta in un’aula di tribunale uno scrittore.
Silvia Acocella
può essere molto peggio… un tribunale. Presi casa in campagna assieme ad un amico tedesco, un pò per avere uno spazio comune un po per sfuggire alla frenesia della città…. Mi è capitato un vicino arrogante e berlusconiano che mi ha fatto causa perchè , a suo dire una stradina interpoderale sta cedendo a causa di presunti scavi da me fatti nel 1991 …. ebbene siamo passati attraverso perizie CTU e CTP testimoni falsi ( ma non puoi dirlo dovresti denunciarli per falsa testimonianza aprendo cause a non finire …) udienze distribuite nei tempi lunghi , periti , geometri e geologi oltre agli avvocati che cercano di allungare la causa anzichè terminarla dopo dodici anni e migliaia di euro spesi siamo ancora in attesa di un giudizio che difficilmente riconoscerà la verità in mezzo a una montagna di carte ….