Le righe vanno sulla pagina in discesa. Ben allineate fanno l’impressione di schiere di pensieri in ordine compatto.
La pagina somiglia a una parata di reparti a ranghi stretti e disciplinati.
Questa forma non corrisponde alla sua formazione. Le righe non vengono da un addestramento né da un reclutamento.
Vengono da un guizzo di ricordo, dallo spiffero di un’idea che s’infila in testa e si fa un giro prima d’imboccare l’uscita, oppure da un’immagine che vuole trasformarsi in descrizione.
Leggo passando da un libro all’altro.
M’inoltro nella sua storia da novizio lettore, non da esperto. Non giudico, non critico, accolgo oppure respingo.
Succede lo stesso con le persone, non le valuto secondo convergenza coi miei punti di vista. Ognuna è il personaggio di una storia che provo a leggere. Se è lontana dalla mia m’interessa di più.
Come si legge una persona: ascoltando la voce che pizzica le corde interiori insieme a quelle vocali e trasporta il carico del viaggio percorso fino alla sedia che mi sta davanti.
Ascoltare é già principio di cura dell’altro