Da un’ estate all’altra torno a nuotare nel Mediterraneo. Butto braccia all’indietro, vado a dorso, con la faccia all’aria. Spingo con i piedi e mi allontano.
Torno a sciacquarmi la lingua, i denti, le gengive con un sorso. Lo tiro su col naso per sentire il suo odore fino in gola.
Non è lo stesso mare, non è più se stesso. Non è il mare dei naufragi di Giona, Ulisse, Enea, Paolo di Tarso, Shelley. Avvisava con segni i naviganti che intendevano il messaggio e cercavano riparo.
Ora è mare di annegamenti senza le tempeste. Non può avvertire con nuvole, con volo di gabbiani. Ora passano navi accanto agli affondati e proseguono indifferenti il viaggio. Mai s’era vista prima tale spavalderia nella vigliaccheria.
Ora la pirateria di costa della Libia batte bandiera di guarda costiera, rastrella fuggitivi per ricondurli alla schiavitù, alla catena della compravendita.
Paul Valéry scrisse una lunga poesia: ”Il cimitero marino”. Un verso così vede: ”Dorme fedele il mare sopra le mie tombe”. Era il 1920, novantanove anni fa. Vedeva un altro mare, con i nomi segnati sulle lapidi. Ora è fossa comune, il suo fondale sparso di annegati dappertutto.
Decenni dopo Valéry, Neruda scrisse: ”A volte vedo solo bare a vela/ salpare con pallidi defunti”. Il passaggio da barche a bare fu avvistato per tempo.
Ora un ragazzo scrive sulla maglietta il nome di sua madre perché qualcuno possa riferirle che non è mai arrivato.
Oggi i corpi di giovani vite senza bagaglio e nome si disfano in un plancton generale, viaggiando nella catena alimentare. Diventano coralli, alghe, meduse.
Oggi un battello che si accosta a soccorrere chi ha già metà del corpo sotto la superficie è manifestazione di miracolo, guizzo di Zorro che scippa dal patibolo il condannato a morte. Un governo, il più becero finora, scrive con l’inchiostro della bile un ordine che li confina al largo.
Toccherebbe a un poeta, cent’anni dopo Valéry, descrivere il mare di adesso, calmo e disteso come un sudario.
Nuoto a dorso, galleggio faccia in su, col privilegio di avere alla portata delle braccia la costa di partenza. Mai avuto mal di mare. Per quello che provo adesso non ci sono le pillole.
Bravo Erri. Umano e intelligente. Raro. Prezioso.da amare nella condivisione
È possibile contare le stelle? Allora si può svuotare il mediterraneo cucchiaino dopo cucchiaino, per sottrarlo al suo destino. Ma dove mettere le stelle durante la conta e le gocce di mare dopo la separazione? Non in vecchi capannoni, ammassate, in hotel inutili, sterili, corrosive, nel fango ma al sicuro, sulla strada purché non alla deriva. Quote rosa per catalogare le stelle e le gocce e finire la poesia; rosa perché sappiamo tutto di quel che succede in mare e in cielo ma quote che ne compensino altre, allo scuro di versi e malumori attributi al vicino di un buco che ha chiamato casa non sapendo che fosse una prigione, ci vorrebbero di più.
L’ultima stronzata in rima suonava più o meno così: ditelo ai terrestri che quelle gocce sono un regalo, nel senso che non costano a loro niente di più di quanto l’Euronia madre abbia stabilito secondo il debito pro capite.
Infatti questo sarà rimesso, e soltanto dopo salirà o scenderà: dovrebbe essere questa la chiosa? Le figure retoriche usate dalla Borsa a volte contraddicono per affermare.
…Qui dorme lo spirto guerrier ch’entro mi rugge.
Merci
https://blogs.mediapart.fr/eugenio-populin/blog/180619/erri-de-luca-mal-di-mare
Duole, e non ci sono pillole, la disparità delle vite umane.
Oltre la vergogna e il disonore, la puzza della cattiveria e la bile degli ignoranti si spandono anche fino a terra, dal mare , sulla terra e le colline
grazie Erri
Ogni giorno inorridisco con te e come te, ma c’è anche un presidente che li firma tutti, i decreti…
“Le parole per dirlo”; parole terribili e struggenti. Mi chiedo come sia possibile non ascoltare, non sentire fino in fondo al cuore il dramma di tanti esseri umani. Mi chiedo come sia possibile che tante donne siano in prima fila in questa negazione, in questa cecità.