La prima manifestazione in cui sono entrato fu a Napoli nel 1967. La trovai che percorreva via Chiaia, mentre tornavo a casa dal liceo. Era a sostegno della lotta di liberazione del Vietnam dall’occupazione americana. Era organizzata dal PCI, partito comunista italiano.
Scesi dal marciapiede coi libri sotto il braccio e mi unii. Era diretta al Consolato americano sul lungo mare. Reparti di polizia presidiavano. Il corteo scandiva slogan, ripetendo quanto scritto sui cartelli. Non so come il lancio di una bottiglia riuscì a raggiungere il muro bianco dell’edificio. Conteneva vernice rossa che colò come da una ferita.
I reparti si mossero, il corteo indietreggiò. Non capii che si stava ritirando di corsa sotto la carica. Rimasi, fui colpito dagli agenti che passarono oltre. Mi alzai da terra, raccolsi i libri e rientrai a casa ammaccato. Fu la prima scaramuccia di una lunga serie di scontri di piazza, negli anni successivi.
Cercai nell’atlante il Vietnam. Quel piccolo paese dell’Asia stava diventando uno spartiacque del mondo. La geografia diventava politica e contrapponeva città, Hanoi contro Saigon, nord contro sud, oriente contro occidente.
Oggi si fanno manifestazioni per la pace in Ucraina.
Sono rimasto dell’idea che si debba prendere partito per il paese aggredito e che si debba manifestare sotto le sedi diplomatiche dell’aggressore, non in una qualunque piazza, non da neutrali.
Il Vietnam trovò pace quando l’ultimo elicottero americano decollò dal tetto dell’ambasciata USA a Saigon.
Foto: Giuseppe Pellizza da Volpedo “Quarto Stato”
Caro Erri De Luca, è dalla fine di febbraio di quest’anno che mi chiedo se alle solite azioni valgano ancora le solite reazioni. Tra il Vietnam e l’Ukraina ci sono l’esempio di Gino Strada, la sua utopia e la sua concretezza. La difesa dell’aggredito dall’aggressore deve essere necessariamente armata, omicida e devastatrice di case e di campi? Anch’io ho sempre sostenuto il diritto alla difesa armata di chi – Paese o classe sociale – viene aggredito, considerando velleitarie posizioni nonviolente e gandiane, ma dopo Emergency mi sono chiesto qual è il momento giusto per rinunciare alla guerra, e quella in Ukraina è guerra, esercito contro esercito.
Tralascio gli argomenti della necessità di conoscere a fondo le situazioni di conflitto, della coerenza nel sostenere tutti i popoli aggrediti da imperialismi; mi limito ad affrontare il nodo del “ripudio” della guerra come strumento di risoluzione delle controversie. Alla fine di ogni conflitto si sentenzia “mai più” e ad ogni occasione si ricomincia. Ma se non ora, quando cercheremo un’alternativa non solo diplomatica, ma anche di difesa popolare nonviolenta, di disarmo?
Se la specie umana ha qualche possibilità di evoluzione che non sia solo biologica, ma culturale, chi e quando opererà il salto, la rottura che farà della guerra un tabù?
Assisto stupito alla reazione pro/contro una bandiera nella quasi totale assenza di volontà pro/contro la guerra in sé. Possibile che solo il capo di una religione e di una chiesa, che non si sono certo distinte nella storia per pacifismo e non violenza, faccia tesoro dell’intuizione di Gino Strada? Possibile che non si calcoli la perdita irrimediabile di tante persone ogni giorno di guerra che trascorre?
Se passa un corteo, possiamo infilarci dentro anche adesso, vibrare di emozione per la bella morte, per l’armatura di Ettore e la fionda di Davide, ma chiediamoci se ci si limita a dirigersi ai cancelli di un’ambasciata o se si va a svuotare gli arsenali. Se non ora, quando?
Grazie per la tua ottima analisi, Alessandro.
Concordo appieno.
bellissima riflessione su cui tutta la sinistra dovrebbe riflettere perche’ anche in mezzo a noi c’è chi sostiene la guerra come risoluzione dell’invasione di una nazione che invece porterà solo morte e distruzione. Ormai tutti hanno le armi per difendersi ed offendere nella convinzione di poter vincere ma non sarà così perchè da una parte c’è un pazzo scatenato che in caso di sconfitta potrebbe premere il pulsante atomico e dall’altra c’è un altro pazzo che crede che con il sostegno dell’occidente potrà vincere la guerra. Sono due forze uguali e contrarie che si annullano a vicenda solo che purtroppo in mezzo c’è la gente comune che vive questo incubo ormai da troppo tempo.