Pensar es revolucionario. Questa frase incisa nel ferro contro il cielo di Buenos Aires sta nel Parco della Memoria, accanto all’immenso bacino fluviale del Rio De La Plata. Sulla riva opposta c’è l’Uruguay, ma non si vede la costa.
Su un muro lungo centinaia di metri, a forma di cicatrice, sono scolpiti i nomi di mille settecento persone uccise dalla dittatura militare argentina negli anni ’70. Solo mille settecento delle trentamila vite scomparse e restate irrecuperabili. Erano miei coetanei, compagni della medesima lotta politica che svolgevamo in Italia negli stessi anni. Ieri sono stato accompagnato anche all’ESMA, la caserma di Buenos Aires dove sono stati uccisi più di cinquemila sequestrati. La maggioranza aveva nomi e cognomi italiani.
In una sala c’erano facce, nomi e carriera degli assassini in divisa, con informazioni sui processi a loro carico, le condanne erogate.
Di fronte all’immensità dei crimini, la giustizia può essere solo simbolica. Ma una forma di più profonda giustizia è la colonna dell’infamia sulla quale sono impressi i nomi dei criminali di Stato. Condannarli alla maledizione perpetua è l’atto che li espelle dalla comunità e li condanna a bruciare all’inferno della memoria.
ἀλήθεια
Svelarsi verso sinistra è un’elegante rispondere
si vorrebbe_destare i morti e ricomporre l’infranto_ma restano solo nomi scritti su un muro
come cicatrici e una pagina di ferro contro il cielo come un’arma o una preghiera.
Pensare insieme i morti e i vivi è soprattutto una cosa molto umana,aver memoria è una cosa molto umana,continuare a distinguere le vittime dai carnefici ,ostinatamente ma con pietà per tutto quello che è stato, è una cosa molto umana..Il passato a volte risucchiandoci,può impedirci di vedere il ghigno crudele del presente in troppi luoghi del mondo.Che il passato non sia una sirena che ci impedisca di camminare oggi e tu Erri lo sai dire come meglio non si potrebbe molto spesso…….