In inglese sciopero si dice strike, un colpo messo a segno.
Quello degli scrittori di cinema e tv a Los Angeles e New York dura da mesi.
L’oltranza dipende dalle case di produzione che negano qualunque accordo.
Invece di logorarsi, il loro strike si rafforza e si allarga. Spuntano nuovi e numerosi picchetti agli ingressi degli stabilimenti cinematografici.
Si uniscono allo sciopero anche attrici e attori che si asterranno da promozioni dei film e partecipazioni a festival.
È un’azione pacifica, ordinata e di massa.
È la più massiccia unione di scrittori della storia.
L’attività individuale e individualista della scrittura non si presta ad associazioni. I Pen Club svolgono minima attività sociale e non sindacale.
Esiste da noi a malapena come sigla un sindacato lavoratori della comunicazione, sezione della CGIL.
Non mi risulta che ci sia un segnale di solidarietà per il più vasto sciopero di scrittori del mondo.
Da parte mia, oltre al gesto minimo di aggiungere il sostegno alle visualizzazioni dei picchetti, mantengo l’attenzione.
Svolto attività di scrittore in proprio, non per il cinema, né per la televisione. Non dipendo da quel tipo di contratti di lavoro.
Da questi scrittori invece dipende ogni idea, ogni scena, ogni dialogo. Anche un film muto ha bisogno di sceneggiatori.
In questi mesi è in corso la vertenza decisiva sulla dignità di questo lavoro intellettuale.
Da lontano unisco la mia voce.