Mi capita di ricevere l’impegnativa domanda per chi scrivo.
Riferisco che a volte un ricordo improvviso mi spinge a farlo durare mettendolo per iscritto. Lo faccio lentamente a penna su quaderni a righe.
Inizio e mentre proseguo si aggiungono suggestioni impreviste, divagazioni intorno a luoghi e persone.
Allora sto raccontando una storia a me stesso. Quando la finisco, invece di rileggere, ricopio, così vado alla stessa lentezza di prima.
Questa seconda stesura è per chi vorrà leggerla. Dedico più attenzione alla chiarezza e alla punteggiatura.
Così alla domanda per chi scrivo ho due risposte: la prima per me, la seconda, e anche la terza, per la persona lontana che la sfoglierà.
Di fronte a un quadro mi viene da chiedere per chi ha dipinto il pittore, escluso il caso dell’opera eseguita su ordinazione. Nella pittura moderna l’artista lo fa per se stesso, alla Cézanne, oppure ha in mente il passante, l’acquirente, il gallerista?
Non so la risposta. Mi tengo la domanda per ricordare che penna e pennello si muovono sopra superfici a rischio di caduta.





Che bello iniziare la giornata leggendo queste riflessioni, grazie. Anche i miei quaderni a righe di antico stile, scritti a mano con calma cadranno, ma saranno in compagnia.
Scrivere e dipingere: li accosto all’arte del Kintsugi. Come restituire e riparare ad un atto di riflessione che trattiene i particolari. Percezione di un’idea e dell’idea di se stessi.