In uno zoo dell’Indonesia un visitatore fa cadere i suoi occhiali da sole nel fossato dell’orangutan.
Placidamente il solenne prigioniero va a raccoglierli. Se li mette con delicatezza sistemando le stanghette ai lati. Gli spettatori della scena vanno in visibilio.
Le seguenti righe mi sono trasmesse dal fossato con lo strumento della telepatia, che è una simpatia a distanza. Un giorno scrissi di un nostro incontro in Indonesia.
“Ah, è così che vedono il mondo i bipedi vestiti. Coprono la nudità della luce per adattarla a loro. Il mio colore rosso me lo ritrovo spento nel marrone.
Mi stanno osservando con questi pezzetti sugli occhi e si stanno divertendo. Dicono di noi scimmie che imitiamo. Fraintendono: li prendiamo in giro. Convinti di una superiorità non credono che un essere, secondo loro inferiore, possa deridere la specie dei sapienti.
A terra mi muovo male, il mio posto è sugli alberi. Qui non ce ne sono. Lassù sono un signore, qua dentro un pupazzo.
Orangutan, mi chiamano. Vuole dire uomo della foresta. Me l’hanno tolta, sono un uomo senza.
Non è la libertà a mancarmi, né la compagnia dei miei pari, ho nostalgia degli alberi maestri. Mi coprono, mi nutrono, mi accostano alle stelle.
Questi pezzetti sugli occhi vanno bene per loro, a me deformano il mondo. Me li levo”.
Con un gesto leggero, come soffiare un bacio, rilancia gli occhiali di là del parapetto, non per restituirli: per rigetto.
…E poi ci sono “gli alberi che camminano” incontro all’umanità in fiamme e nei suoi sogni andati in fumo insistono nel volere affondare le radici, come vi sia proprio lì una qualche sorgente carsica di nuova vita mai sul serio presa in considerazione…
Soltanto gli alberi che camminano.
….a parte il fatto che gli zoo non dovrebbero proprio esistere, per nessun animale; le scimmie antropomorfe ( che gli inglesi non chiamano monkeys bensì apes ( chapeau per la distinzione )…hanno veramente una marcia in più rispetto a tutti gli altri mammiferi e a quasi tutti gli uccelli….ma anche gli umani vengono ancora oggi messi in gabbia, non dimentichiamolo!
Se gli fosse caduta dal cielo una banana, la risposta rigida dell’orangutan non sarebbe stata così esitante, a mio avviso, come quella fornita davanti ad un paio di occhiali.
Eh sì, caro il mio orangutan. Fosse stato più ragionevole, ma così non è stato e quindi non lo sarà mai, avrebbe pensato a cosa farsene, di quegli occhiali del caso, se non nell’immediato, nei momenti di riflessione cosmica sul rincaro delle banane. Oppure avrebbe cominciato ad accaparrare, agendo da previdente, una quantità smodata di occhiali del caso, per barattarli con un tot al chilo di banane. Dall’esperienza al dogma che il caso non esiste, il passo sarebbe stato molto breve e meno doloroso.
L’inclinazione, dunque, quella interiore, grazie alla quale un orangutan non abbia bisogno di un paio di occhiali per vedere grandi distese di banani, mentre l’uomo, avendo fatto tabula rasa pure del suo orizzonte animico, perda contemporaneamente gli occhiali di cui si serve per focalizzare la meta, è proprio quel fulcro sul quale la leva fa forza per rivoltare il mondo come un calzino o per rilanciare gli occhiali all’uomo.
P.S. :Tanto ormai gli alberi non ci sono né per l’orangutan né per l’uomo, che quindi si affronterebbero sullo stesso piano. O su una collina di balle, ecologiche quanto stratosferiche, da attribuirsi vicendevolmente e da cui ripartire insieme.
Ciao Poeta, dicono che condividiamo con gli scimpanzé il 99% del patrimonio genetico. Quell’ 1% in troppi casi ci ha reso più bestie che homo sapiens. Mi chiedo che cz di “sapiens” ci sia ancora nell’esistenza dello zoo per esempio, per non parlare della guerra, della corruzione, dell’inquinamento. Poi vai a visitare Pompei, che è un po’ lo zoo del passaggio di civiltà scomparsa, e pensi che accanto alla bestialità c’è anche una bellezza di conoscenza che gli abita accanto e scuote la polvere. Così penso che l’essere umano è come un tappeto, per essere buono deve essere battuto un po’ dalla polvere che la sua storia gli mette addosso. Diversamente è meglio l’Orango, che con la polvere si difende dagli insetti e non ha bisogno di occhiali da sole per ripararsi dalla nostra vista cretina, per quello gli basterebbe la foresta che gli abbiamo negato per sentirci inutilmente evoluti. Ciao Poeta, buona estate
“Pezzetti sugli occhi”…