Nella settima Ode Olimpica il poeta Pindaro celebra Diagora di Rodi, il più rinomato pugile dell’antichità. In una coppia di versi si legge che le menti umane sono assediate da innumerevoli errori tra i quali è impossibile cercare quello destinato a diventare buono e profittevole.
Pindaro sa che di fraintendimenti e inciampi è fatta la vita di ognuno. Succede di cadere inevitabilmente. La persona umana si distingue quando riesce a trasformare il ruzzolone in uno slancio in avanti. Mettersi in sella alla propria caduta è l’impresa degna del caduto.
Un proverbio napoletano afferma che pure un calcio nel sedere è un passo innanzi.
Giobbe colpito da rovina totale con perdita di figli, di beni e d’integrità fisica, risponde a sua moglie: ”Il buono riceveremo da Elohìm e il male non lo riceveremo?”.
Per lui il verbo è ricevere perché la sua fede gli fa riconoscere una sola e identica mano che dispensa le gioie come i dolori. Il suo verbo ricevere è all’altezza della sua disgrazia.
Una frase del Talmud usa questa immagine: ”I cardini reggono la porta e le prove reggono l’uomo”. Le avversità sono cardini, reggono la persona o la scardinano.
Gli occhi di mio padre, come quelli di Borges, si avvolsero in una nebbia fitta da non vedersi i piedi. Della sua cecità l’argentino scrisse: ”di Dio, che con magnifica ironia / mi dette in una sola volta i libri e la notte”.
Da lettore accanito riconosce una presa in giro nella cecità, ricevuta anch’essa come i libri.
Borges traduce in cardini la prova, trasforma in un cavallo la caduta.
Mio padre radunava in aneddoti le sue sviste da cieco per offrire una risata alle persone intorno. Far ridere della propria menomazione: è un traguardo superiore a quello di Borges e di Giobbe.
Distogliere da sé la commiserazione, trasformarla in un divertimento per gli altri, secondo il senso latino di “divertere”, cioè di allontanare.
Da figlio so che non ci saprò stare alla sua altezza.
Quando racconti di tuo padre capisco. Capisco molte cose di te che la tua scrittura omette.
E’ un viaggio nel viaggio. Te ne sono intimamente grata.
Sono stata una figlia molto amata.Nonostante questo,e senza neanche rendermene conto,ho voluto perdere i miei genitori.Per molto tempo
ho perso anche la nostalgia per loro.Li ho amati in ritardo eppure oggi mi sento perdonata.Oggi cerco di mantenerli in vita dentro di me,come fai tu.
Onora il padre e la madre è il primo comandamento e tu lo hai fatto e lo stai facendo.Sono loro i nostri cardini,cardini robusti,ancora ci sosterranno per le prove a venire
CARDINE MARGINE RONDINE CODA…
Se non è dal ferramenta che bisogna andare, se non é un allenamento per la memoria, può darsi che il buco della serratura sia intasato da un cammello che tentava un attraversamento eufemistico dopo aver superato la prova della cruna. Quindi non si direbbe, del cammello, che sia retto dallo sprezzo per la gloria se questa volta gli è andata male; giammai di sfiga, di goffaggine, ma di ulteriore tentativo che non ha superato le aspettative altrui riposte in una serratura. Distogliere l’attenzione dal cammello, in casi simili a questo, è atto doveroso di pietà. Cambiare la serratura, invece, mi pare ovvio. Tanto quello non passerà mai da un portone, meno che mai dopo la bella figura poc’anzi dimostrata.
linguaggio esoterico caro Giuseppe.Abbi pazienza e articola meglio quello che vuoi dire.Oggi sono più stupida del solito.
Mi viene in mente(ah i pensieri associativi ) quello che diceva una mia carissima e geniale amica di Etty Hillesum-Scrive come una rondine-
“CARDINE MARGINE RONDINE”, tre parole di Emilio Isgrò.
In Yemen un missile ha colpito l’ospedale vicino a Saada.Sono morti quattro bambini e tre adulti.
Ogni mese,dall’inizio del conflitto vengono uccisi o feriti 37 bambini.
Nessuno ne parla più.Viene in mente il racconto di Kafka- La partenza-
-Allora conosci la tua meta?-chiese.-Sì,risposi,l’ho appena detto.Fuori di qui,questa è la mia meta-
A volte si è sfiorati dallo stesso pensiero.-Succede di cadere inevitabilmente-Sto cercando di rimettermi in sella.
Dopo la lettura come non pensare all’invincibile interpretazione del Don Chisciotte che ci hai dato: “Mettersi in sella alla propria caduta è l’impresa degna del caduto.”
Una vita è fatta di incontri,di eventi inaspettati,di fraintendimenti e inciampi.Una vita è lunga ma è un soffio,uno sbattere di ciglia.Nel tempo,il mio ora,di fine lavoro
cercherò di fare dell’ozio tempo ben impiegato.Camminare di buon passo,rileggere ancora una volta il libro dei miei stupiti sedici anni -L’Idiota-,visitare il Prado,
Perdonarmi e perdonare.Invecchiare ogni giorno un giorno di più ma ben speso.-Miscere utile dulci-ci raccomandava un maestro