Sì conviene per abitudine che esista una letteratura fantastica e una realistica.
A chi gli chiese un parere in proposito, Borges rispose: “Il realismo è solo un episodio della letteratura. La grande letteratura non è mai stata realista”.
E ancora: “La letteratura è sempre stata fantastica. È cominciata con le cosmogonie, con le mitologie, coi racconti degli dèi e dei mostri”.
Ha proseguito con le favole.
Da lettore non mi sono accorto di una letteratura realistica, un omicidio, un innamoramento sono per me atti febbrili, effetti travolgenti privi di una causa sufficiente.
Ogni azione umana, anche quella dell’operaio, meccanica, opprimente, che ho conosciuto, ha in sé la componente assurda di una ripetizione, di una lotta segreta tra le fibre del corpo e una funzione.
La mano qui voleva invece scrivere: finzione.
Arrivo a darle ragione, la funzione è finzione, messa in scena di un pretesto, una giustificazione dell’azione umana.
Da lettore credo che anche il più comune racconto, una cronaca di giornale, sia espressione dell’assurda e fantastica natura di questa specie umana, cui appartengo con il sentimento di un imbucato a una festa di nozze.