Continuo a scrivere le mie storie sul quaderno a righe.
C’è un’andatura lenta della scrittura a penna che si è adattata al ritmo delle frasi.
Mi aiuta il suo fruscìo che va a brevi scatti, come la lucertola nell’erba.
La successiva stesura dattiloscritta è una ricopiatura, mai potrebbe essere la prima stesura.
Anche questa pagina è ribattuta da quanto uscito dall’inchiostro a penna, nell’ora buia che precede il giorno.
“Nulla dies sine linea”, nessun giorno senza una linea: sembra il motto di chi scrive. Non è il mio caso, non mi prescrivo dosaggio di righe quotidiane. Ma la frase riportata da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, non si riferisce a uno scrittore. L’avrebbe detta Apelle, pittore greco del quarto secolo aC.
La frase si addice alla pittura e anche alla musica, arti che necessitano di esercizio quotidiano.
Chi scrive righe può stare senza, che non è aspettare l’ispirazione, ma è distogliersi, mettersi di lato a far passare un giorno e un altro pure senza aprire il quaderno.
Quanto ad Apelle, ritenuto eccelso, delle sue opere non è rimasto nulla. Solo le lodi scritte su di lui si sono tramandate.
In questo riconosco una più solida consistenza della scrittura rispetto all’immagine.