In un festival letterario mi chiedono tre minuti di discorso sul ruolo della letteratura oggi. Eccolo di seguito.
Il posto della letteratura nel mondo di oggi è lo stesso di ogni altra epoca: il rapporto uno a uno tra la persona che legge e quella che ha scritto.
Anche se tra loro passa la distanza di secoli e di continenti, il libro annulla ogni separazione e realizza il qui e ora per la persona che legge.
Da lettore so in più che alcune letture hanno avuto un peso e un valore aggiunto in momenti impegnativi. Due esempi: il libro che leggevo nell’autobus delle cinque del mattino verso la fabbrica si assumeva il compito di salvare quel tempo di viaggio.
Sulla nave salvataggio di Medici Senza Frontiere nel Canale di Sicilia davanti alle coste libiche mi reggeva il compito l’Eneide di Virgilio, storia di altri naufragi.
Ci sono periodi più esigenti in cui il libro è un pronto soccorso, un salvacondotto.
In due momenti un prigioniero dimentica di essere rinchiuso: quando dorme e quando legge un libro.
Lo stesso valore assume la letteratura in un paese che vieta la libertà di espressione. Il libro entra in clandestinità e sabota l’oppressione.
Esiste poi la funzione civile, il ruolo di una persona che scrive.
Mi soccorre l’esempio del poeta di Sarajevo Izet Sarajlic. Negli anni ’90 la sua città subiva il più lungo accerchiamento del 1900. L’ho conosciuto facendo in quegli anni l’autista di convogli umanitari e riuscendo a entrare in città attraverso il tunnel scavato sotto il monte Igman.
Izet Sarajlic restò in città rifiutando inviti che lo avrebbero accolto all’estero.
I suoi versi d’amore a sua moglie avevano accompagnato le nozze di molte coppie e lui diceva ch’era stato responsabile della felicità.
Ora gli toccava essere responsabile dell’infelicità. Lo faceva stando coi suoi concittadini, nella fila per il pane, per l’acqua sotto il tiro dei cecchini che sparavano ad alta precisione dalle alture vicine.
La prima lezione presa da lui per me è che il ruolo civile di un intellettuale è di condividere la pena del proprio popolo.
Poi lui e altri poeti organizzavano serate di poesia dentro Sarajevo oscurata. Duravano fino a prima dell’alba. Quei cittadini avevano bisogno di ascoltare parole capaci di sospendere l’accerchiamento, la fame, i lutti. Quelle serate di poesia rispondevano così alle più elementari necessità.
Così Izet Sarajlic poteva dire che loro, i poeti, avevano fatto il turno di notte per salvare il cuore del loro mondo, della loro città.
Ecco allora la seconda lezione conclusiva di questo discorso: la letteratura fa il turno di notte, anche a lume di candela quando è tutto buio intorno, per salvare dal malincuore le persone che cercano nella pagina la forza di resistere.
Ho una cara amica in ospedale e l’unica cosa che mi chiede sono: libri, la cosa di cui è più assetata e che abbiamo sempre condiviso. Così nei nostri incontri porto e riprendo 5 o 6 testi che scelgo con cura per lei, felice di poterle essere vicino tramite la letteratura.
Bel distillato di vita e di poesia.
Grazie Izet, grazie Erri,
è di questo che abbiamo bisogno.
Michaela