L’antico dissidio tra giustizia e legalità rinnova le sue forme.
La giustizia è un sentimento. Sorge di fronte alle ingiustizie, alle disparità di trattamento, agli abusi di potere.
Invece la legalità è il codice di leggi approvato da una maggioranza parlamentare.
Queste leggi possono urtare contro il sentimento di giustizia. Sequestrare la barca di un pescatore che ha salvato dei naufraghi è misura di legge che coincide con l’infamia.
Avanza nell’attuale parlamento un disegno di legge che reprime il diritto di manifestare, inventando fattispecie penali contro i partecipanti, come la resistenza passiva e la manifestazione contro opere cosiddette “strategiche”.
La sola forma di contrasto è la mobilitazione civile. Non bastano idee e sentimenti, servono i corpi che sfidano la legge.
Opporsi comporta esporsi.
Che si sia in pochi o in molti, il coinvolgimento dev’essere fisico.
Il rischio da accettare in anticipo è la repressione in piazza, l’arresto, il procedimento penale.
Ognuno può misurare il proprio grado di coinvolgimento o di indifferenza.
L’indifferenza in questo caso coincide con la viltà, un torto fatto a se stessi.
E servono corpi che incarnino il sentimento di giustizia della nostra Costituzione e compatti avanzino leggi che rispecchino quel valore che li muove e li unisce…
Il boicottaggio, per esempio… Che non può essere interpretato come atto vile, di disinteresse nei confronti delle ingiustizie, omertosa sottomissione ai prepotenti, lascia passare per corpi che senza sentimento legiferano al solo scopo di leggittimare chi sputa sentenze senza aver mai vissuto; per il solo interesse personale o di partito, che si mimetizzano tra coloro i quali, invece, manifestano perchè sentitamente coinvolti e stravolti da un’ingiustizia. L’accerchiamento richiede l’immobilità, che si lasci ampio spazio di manovra a questi corpi vuoti, che si radunano in un gruppo di felici vincitori… Le prossime elezioni saranno il momento più propizio per manifestare un accerchiamento che questa volta possa essere sentito.