Sono cresciuto in una città che raccontava fantasmi, inevitabili come fenomeni naturali e ho imparato a conoscerli.
Le loro storie ascoltate erano testimonianze di incontri, apparizioni, nitide come le visioni delle febbri. A riscontro c’era il silenzio compatto di chi ascoltava, col fiato ridotto al minimo, i sensi dilatati a percepire. L’invisibile si manifestava e lasciava la traccia dei racconti.
Oggi è narrativa scaduta, non si rinnovano storie di fantasmi. Oggi appartengono al genere fantastico del cinema, che si avvale di effetti speciali. Oggi se ne fa contraffazione, spaccio di spettro falso.
Nella commedia “Questi fantasmi” Eduardo De Filippo porta in scena il doppio fondo che stava sotto e intorno alla vita di Napoli, al quale ci si rivolgeva in tremito per supplica di aiuto. L’opera in tre atti registra l’ultimo sussulto dei fantasmi, prima di decadere dalla loro reputazione spiritica. Il protagonista è il solo a crederci.
La vita dei sensi ammetteva i propri limiti e lacune, se non poteva toccare con mano sapeva che era una sua mancanza. L’altro mondo esisteva e abitava parallelo e contemporaneo. Le culture del mondo ne hanno conservato la testimonianza sotto la forma imbalsamata di favole e leggende.
La tradizione Yiddish per esempio aveva la variante del “dibbùk”, lo spettro appiccicato addosso al vivo a imporgli il suo governo.
Sono cresciuto in un’epoca attenta all’invisibile non per superstizione, ma per sviluppata rilevazione di presenze. Una tale predisposizione oggi è considerato un disturbo della personalità, l’invisibile finisce all’ospedale. E’ invece il limite della modernità. La sua pretesa di attenersi al sensibile, escludendo ogni altra percezione al di fuori dei sensi, li rattrappisce. Limitati a se stessi, senza relazione con l’aldilà circostante, il sensibile si ammala di solitudine. Lo specchio, che non riflette i fantasmi, non per questo è vuoto.
Ho fatto in tempo a impararli. Anche se oggi mi adeguo alla loro pubblica assenza, so che mi ha fatto del bene avere ascoltato di loro. Mi hanno ingrandito le percezioni.
Mentre finisco di scrivere queste righe nella casa che abito, mi arriva da lontano il richiamo di un asino, la voce più nostalgica in natura. Lo prendo per un cenno di saluto.
Foto di Mimmo Jodice
È un pezzo suggestivo. Ma non sono convinto che i fantasmi siano scomparsi. In antropologia e dintorni se ne parla ancora abbastanza. Una storia recente dal sud, in cui i fantasmi appaiono vivi, vegeti e ancora capaci di fare la storia è questa: https://www.academia.edu/36639010/Spiriti_e_politiche_metropolitane._Occupazioni_comunismo_e_fantasmi_nella_lotta_per_la_casa_Etnografia_e_ricerca_qualitativa_1_2018_pp._119-140
-L’asina più chiaroveggente dell’indovino- Numeri
Allora il Signore aprì gli occhi a Balaam ed egli vide l’angelo del Signore………L’asina chiaroveggente
.Episodio straordinario.A volte dovremmo essere più attenti perché
-nel sicuro animale che pur per altra via
ci viene incontro-,lui ci rigirerebbe col suo andare-Rilke
Elisabetta l’oltre a volte ci è vicino ,siamo noi a non volerlo vedere.
Una mia amica parlerebbe di differenti tempi di comprensione
Errideluca scrive di fantasmi, la loro pubblica assenza; a volte penso che sia un peccato non poter percepire il loro aiuto con maggiore sicurezza. Sapere che davvero c’è qualcuno “oltre” che ci può aiutare, che non sono solo fantasie, illusioni, follia. Fa paura che possa anche esistere qualcosa di invisibile che può farci del male. Le sincronicità possono essere messaggi oppure solo casualità. Resta il dubbio. Negli ultimi 3 libri letti resto ammaliata dall’idea di qualcosa che c’è ma non si vede. Forse è il desiderio della mente umana che cerca Dio? Che cerca l’eternità, l’infinito? Che semplicemente ha paura della Morte? Dell’oblio…
“Fantasma del futuro! (…) Ho paura di te, piú di qualsiasi altro spettro che ho visto”
(Da “Canto di Natale” di C.Dichens)
-E.A.POE ama agitare le sue figure su fondi violacei e verdastri,che rivelano la fosforescenza della putredine e il presentimento del temporale- Baudelaire
Però Angelo che meravigliosi racconti i suoi.Li ho letti a quindici anni di notte, nascondendomi sotto le coperte per non essere scoperta da mia madre…….
Ciao
Ricordo da bambino
I racconti “contos de forredda ” del focolare
Tantissime storie di fantasmi e anime dannate.
Tra cui quella di un giovane che rientrando
A casa in una notte di tempesta
Incontrò un vecchio ,lo saluto ‘ e notò che aveva i piedi di becco.
Corse a casa passò una notte da incubo.
La mattina dopo raccontò tutto ai genitori
Gli disse che incontrò Tiu Giuanne
E i genitori gli dissero che era morto qualche mese prima.
Dunque vide il demonio
Lo spavento fu tale che solo dopo
Essere emigrato a Roma
Riuscì a dimenticare.
Sto pensando ai fantasmi che hanno accompagnato la mia infanzia quando le paure li trasformava in visioni.
Sto pensando a come nel corso del tempo,nell’incontro col dolore,le visioni subiscono una radicale metamorfosi in voci.
Vere presenze nel doppio regno.La letteratura occidentale è piena di fantasmi,i libri sono voci che ci fanno compagnia.
La cosa che più mi sconvolge della limitata percezione di questa nostra società, è la capacità di trasformare noi stessi in fantasmi. Cammini per strada e la gente non si guarda in faccia né si saluta. Per non parlare poi delle persone che dormono nei cartoni o sulle panchine… viste solo perchè danno fastidio, quasi fossero monnezza. Sono stata recentemente in Kenya e li è un’altra storia. Senti proprio il piacere dell’incontro come una percezione fisica che ti fa sentire tra i vivi e, non a caso, i fantasmi sono ben presenti. Pamoja na upendo.
Gabriella