I Bisestili
Rari come gli anni bisestili tornano a vedersi e a farsi valere gli atleti degli sport senza denari. Per vivere fanno mestieri, si allenano quando e come possono.
Definiti malamente praticanti di sport minori, sono invece superiori per spirito di sacrificio senza tornaconto. Non hanno contratti pubblicitari, sono regolarmente ignorati dalle cronache sportive. Salire sul podio di una premiazione costituisce la massima ricchezza, perché quel disco di metallo non può essere comprato da nessun milionario.
Le Olimpiadi sono il loro appuntamento per affiorare, essere finalmente nominati, fotografati, intervistati per il loro contributo al medagliere. Sono gli atleti bisestili.
I rinomati sport dei grandi soldi, dei professionisti strapagati, se ne stanno discretamente in disparte.
Da spettatore assisto a gare senza conoscere le regole, vedendo solo i gesti. Osservo le facce di questi anonimi che si sono applicati alle loro discipline con devozione. Mi ricordano il passaggio della scrittura sacra in cui si chiede alla persona di amare la divinità senza risparmio di energia: ” in tutto il tuo cuore, in tutto il tuo fiato, in tutte le tue forze”.
Riconosco un simile trasporto emotivo, l’entusiasmo di esprimerlo, la dedizione totale, la limpidezza nella vittoria come nella sconfitta che non cede allo sconforto perché sanno di avere offerto tutto quanto richiesto in cuore, fiato, forze.
Infine sono umili e fieri di indossare una tuta che porta scritto il nome del solo sponsor valido per ognuna e ognuno di loro: il nome del proprio paese.
Ci sono molti “atleti bisestili” anche nella quotidianità. Sono quelli che praticano non uno sport ma un lavoro onesto seppur restando eternamente nell’ombra, senza ricevere mai un riconoscimento nè economico nè tantomeno di ruolo, votati all’umiltà e alla correttezza, e che – pur essendo in realtà la mente di qualcuno al di sopra di se stessi – restano sconosciuti, profilo basso e testa china, obbedienti, costanti, rispettosi delle regole, condivisibili e non.
Campioni anch’essi di sbarco del lunario e di salti mortali per arrivare a fine mese, quando al posto di un disco di metallo ricevono un risicato compenso che comunque, benchè iniquo, consente loro di vivere con dignità.
Sono in disparte per molti, ma per quelli come te Erri – e come me – sono sempre avanti pur non partecipando ad alcuna competizione.
È una relazione libera di dipendenza… tra l’uomo e il Dio, in cui donatore e destinatario partecipano l’uno all’altro attraverso il sacrificio, il dono di sé. L’importante è che il fiume della vita continui a scorrere.
Io leggo ” do ut possis dare” e non “do ut des”: davvero limpidi questi campioni!