Iòvel è il corno ricurvo dell’ariete. Soffiato con perizia di strumentista a fiato produce una sonora nota cupa, che ha forza di chiamata.
Era usato a distesa per annunciare il Giubileo, anno ebraico regolamentato dal libro Levitico.
Giubileo prende il nome da iòvel, il corno d’ariete che lo annuncia.
La tradizione cristiana per le convocazioni ha adottato la campana, strumento a percussione di origine cinese.
Il Giubileo ebraico scandiva l’anno cinquantesimo.
Ogni sette uno era sabbatico, prescrivendo l’interruzione di ogni opera e lavoro. Non per il riposo umano, ma per dare un tempo di pausa alla terra e agli animali che potevano nutrirsi del prodotto spontaneo del suolo.
Il settimo, giorno e anno, ricorda alla specie umana che non è proprietaria. La divinità glielo ripete: “Perché stranieri e inquilini voi siete presso di me” (Levitico 25,23).
Dopo sette anni sabbatici, dunque quarantanove, se ne aggiungeva un ulteriore, il cinquantesimo, il più solenne.
La sua parola più importante è libertà. “E chiamerete libertà nella terra per tutti i suoi abitanti” (Levitico 25,10).
Era l’amnistia generale estesa pure ai debiti, e chi aveva dovuto cedere il possesso di una casa, di un terreno veniva reintegrato.
La cristianità inaugura il suo primo Giubileo nel 1300. È una chiamata al pellegrinaggio e ha una scadenza dimezzata, ogni venticinque anni.
Ricordo quello del 2000, gestito da Giovanni Paolo II.
Nel suo avvicinarsi all’ebraismo, visitando la sinagoga, concedendo la primogenitura del monoteismo chiamando fratello maggiore il popolo del libro, volle sottolineare la straordinaria misura della libertà. Il testo originale del Levitico distingueva quest’annata da tutte le altre sabbatiche proprio con quella parola.
Andò da pellegrino nel Parlamento italiano e chiese alle camere riunite una misura anche simbolica di remissione in libertà attraverso un’amnistia.
Fu ascoltato come si ascolta una grandinata, aspettando la fine. L’applauso dell’assemblea fu per potersi finalmente congedare dall’importuno. Ottenne da quella visita il rotondo zero delle grandi occasioni.
Ci sta riprovando il nuovo pontefice con questo anno venticinque, un altro Giubileo debitamente intralciato e sabotato dal ritardo dei lavori in corso per le vie di Roma. Sembra che lo abbiano saputo il giorno prima.
Francesco si è giovato della lezione dell’altro Giubileo e non ci ha neanche provato a bussare ai padiglioni auricolari dei parlamentari.
Ha inaugurato quest’anno, malcapitato tra gli spensierati amministratori del mondo, nel padiglione dell’istituto penitenziario di Rebibbia.
Invece di chiedere amnistie è andato a regalare un’ora d’aria ai segregati.