Nel 1924 Marcel Mauss, antropologo e sociologo francese, pubblica “Essai sur le don”, “Saggio sul dono”, studio sulle società arcaiche basate su questo libero scambio.
È di rimbalzo una critica all’economia fondata sull’interesse individuale e sulle leggi di mercato.
Nel saggio il dono crea i legami sociali che rinforzano la comunità.
Nell’attuale società italiana esiste lo strabiliante numero di milioni di persone che svolgono attività gratuite di volontariato in molti settori.
Esiste un’economia del dono del proprio tempo, di competenze, di sostegno a immigrati, persone ridotte in miseria, disabilità.
Questa economia orizzontale, di base non rientra in nessun calcolo del PIL, nella partita doppia dare/avere, non può essere censita.
È l’economia del gratis che è un anti economia.
È basata sul sentimento della solidarietà, sul coinvolgimento civile, valori fuori contabilità.
È chiamata anche terzo settore, nel tentativo di misurarne il fatturato.
Ma non è un settore, tantomeno terzo.
È redistribuzione della migliore ricchezza alla portata di chiunque: lo scambio di un aiuto, di una gentilezza, di una premura.
Il suo prodotto consiste in gratitudini e sorrisi.





…Altro è l’involontario, quando non si dispone di sé stessi…
(Ho educato la battuta, che prima poteva non sembrare una pietra d’inciampo. È fato che io mi imbatta con qualcuna. Chiedo scusa.)
L’economia virtuosa del “dono perché tu possa continuare a donare”, che crea comunione – e non dipendenza – tra chi da e chi riceve attraverso quella parte di sé volontariamente donata, compensa l’economia del “dono per avere” la certezza che si possano addomesticare gli dei e l’ordine stesso dell’universo. È Giona che torna nel ventre della balena e ne riemergere con nuove possibilità di vita: è “come un vino nuovo che viene messo dentro botti nuove”… Altro è l’involontario.
(Che schifo di battuta!)