Si usa dire: ”Ho preso freddo”. Pure se il verbo è all’attivo, l’effetto è passivo, fa sentire freddo.
Dico per me: ”Ho preso il freddo”, nel senso di averlo preso volontariamente, perché è inverno e il corpo reagisce coprendosi, non aumentando i gradi di riscaldamento della casa.
Mi sono abituato, scaldo un solo ambiente, la cucina, dove passo il giorno.
Niente zanzare, mosche, visite di formiche, il freddo è pausa, riposo e custodia della terra.
Si usa d’inverno rientrando in casa togliersi il soprabito, il cappotto, il berretto di lana. L’appartamento è tiepido. Il mio no, perciò resto vestito come per l’esterno.
Intanto il giorno prolunga la parabola del sole, tramonta un po’ più in là e già questo pensiero mi scalda un sorriso.
Nella casa lontana nel tempo di Montedidio a Napoli non c’era riscaldamento, come in quasi tutti gli alloggi di allora. Un paio di stufette elettriche addomesticavano la temperatura. Non si dovevano accostare le mani intirizzite altrimenti venivano i geloni.
Nelle case più povere un braciere a carbonella mandava più fumo che tepore, oltre al micidiale monossido, che uccideva nel sonno.
L’inverno non era una stagione, ma un attraversamento. I vecchi che doppiavano il Capo Horn di febbraio si erano guadagnati un altro anno.
Sono rimasto in buoni rapporti con il freddo, non lo butto fuori di casa. Coperto a dovere, lo prendo, lo respiro. Quello che non prendo è il raffreddore.
Buongiorno e un buon saluto, incontro le sue parole dopo anni. Abbiamo passato una vita stando più o meno dalla stessa parte ma gli articoli che ho letto, pochi per la verità, mi hanno sempre lasciato perplesso. Oggi la vengo ad incontrare, ad incontrare le sue parole, con un testo, il giro dell’oca. Chissà se si romperà questa diffidenza. Sono nato e cresciuto lavorando con le mani, ho consumato migliaia di libri ma solo dopo aver lasciato la scuola, forse è così che nasce la diffidenza, che forse a lei non importerà ma mi pesava e avevo voglia di condividerla. A presto.
Che dire di nasi gelati fuori dal calduccio di tante coperte PESANTI! Inverni rigidi, gambette turgide e rosse sopra i calzettoni di lana, la nonna che ripeteva:” piedi caldi e testa fresca” e “caldo di panno non fa danno” erano un mantra!!! Imbottite così non ricordo di aver mai preso bronchiti e forti malanni!
Ho letto tanto di Te; mi hai fatto tremare questa volta.
ENORME
Nei miei ricordi di bambina c’è mio padre che accende la famosa stufa a kerosene che puzzava tanto ma era molto economica, mio padre era un ferroviere quindi lo stipendio non era alto ma decoroso!!!! La teneva fuori alla porta di casa finché la puzza diminuiva poi tutti a riscaldarci. Seguiva il famoso per noi , the con tanto di noccioline inventato da mio padre ed eravamo tutti felici!!!!!