Rimbaud amava il mare perchè poteva lavarlo da ogni sporcizia.
Era così, una potenza igienica che operava in profondità.
È diventato un campo di gara, non di regate a vela: di competizione tra navi di soccorso e governi d’intralcio ai salvataggi. Leggi escogitate apposta per favoreggiamento di naufragi sequestrano nei porti i pochi battelli salvagente.
Chi va per mare per issare a bordo vite semisommerse, è tenuto ad agire con destrezza, da scippatore che sottrae ai governi la loro quota di annegati previsti.
Quando riesce il colpo nelle acque del Canale di Sicilia, col carico di vite alla deriva afferrate appena in tempo, ecco che per rappresaglia quelle navi sono spedite ai porti di alto Mediterraneo, per fare pagare il più caro possibile il salvataggio a scippo.
È il gioco d’azzardo imposto da leggi fuorilegge dove i dadi gettati sul tappeto delle onde sono le imbarcazioni gremite, in stato di necessità di intervento.
Sono nativo del Mediterraneo, di una città di mare. C’è un governo formato perlopiù da nativi d’entroterra che ignorano storia e geografia del liquido salmastro avvolgente per tre quarti l’Italia. Lo degradano a discarica di vite maltrattate.
Non fermano né minimamente incidono sui flussi migratori, però guastano il mare e impediscono che lavi le sporcizie e le coscienze.