La figura di Babbo Natale si afferma in Europa dopo la seconda guerra mondiale sotto l’influenza del prestigio americano. Questa considerazione si trova in un saggio scritto da Claude Levi-Strauss, pubblicato su Temps Modernes nel 1952 e in Italia da Sellerio nel 1995 dal titolo: ”Babbo Natale giustiziato”.
Il saggio commenta un fatto di cronaca. Il 24 dicembre 1951 sul sagrato della cattedrale di Digione il clero cittadino impicca e brucia un fantoccio di Babbo Natale alla presenza di 250 bambini. L’atto simbolico segue l’accusa di paganesimo: la leggenda di Babbo Natale si stava sostituendo a Gesù bambino.
Un comunicato spiegava i motivi: ”Per noi cristiani la festa del Natale deve rimanere la ricorrenza che celebra la nascita del Signore”.
È strano che il dibattito sul contrasto si sia spento, anziché rinnovarsi anno per anno. L’avventurosa nascita del bambino fatidico in Medio Oriente ha niente a che spartire con un anziano distributore di giocattoli su una slitta trainata da renne. La dissonanza dura e stride. Eppure convivono, fingendo coincidenza.
Babbo Natale è una divinità dell’infanzia: si crede in lui fino al momento del disinganno, che è un rito di passaggio. Ricordo che il barbuto in rosso mi spaventava, entrava dal balcone, con una grossa gobba sulla schiena, pesanti stivaloni, era muto e avanzava barcollando come uno zombie. Fu mia madre che mi prese in disparte per tranquillizzarmi e mi rivelò che era una messinscena: una zia si travestiva per impersonare la figura. L’effetto su di me fu il crollo di un’impalcatura, primo di altri cedimenti di fiducia nei confronti degli adulti.
È rapido il passo da un credo all’incredulità e apre voragini.
Mi fu raccomandato di tenere per me la rivelazione e seppi in quel momento che avrei rispettato la consegna. Ho saputo poi che custodire un segreto è portare un peso. È un debito da onorare, non un credito da esibire.
Da sospetta intrusione pagana nella natività, Babbo Natale si è trasformato in innocua ricorrenza commerciale. La nascita di Betlemme con la sua storia opposta prosegue il suo racconto di una notte d’inverno in un riparo di fortuna al chiaro di cometa.
Intorno ci sono pecore non renne e al centro c’è la culla non la slitta.
Mi dispiace, caro Erri, ma anche la nascita di Gesù da una donna illibata, il 24 dicembre a mezzanotte puntuale, non è un dato storico certo bensì un mito mischiato alla Storia, giacché delle cose dell’Antichità non ci sono mai certezze. Penso che a questo punto meglio sarebbe lasciare tutti alle loro credenze con rispetto. Se a Nord festeggiano San Nicola, protettori dei bambini, ai primi di dicembre e che prosegue fino al 25 con grande successo, e questo in gran parte del mondo, lasciamo ai bambini che questo Babbo Natale prolungato, sia un lungo giorno di festa e di speranze visto che li protegge. Anche questo mito è bello e va rispettato, che poi nell’immaginario Padre Natale abbia superato Gesù e la sua nascita che male ci sarà al contrario, vedere un sorriso sulle labbra di un bambino questo è la cosa più bella e se vi è del paganesimo dentro, allora siamo tutti pagani visto che gli adulti cristiani credenti invece di rifiutare ogni regalo quel giorno, dovrebbero pregare ed esultare giacché lo hanno già il loro regalo con la nascita del ‘figlio di Dio’, così i bambini cristiani capiranno, se cresceranno nello spirito Santo o profano Ma penso che per Dio, per chi crede in Dio, fa lo stesso, Egli solo è grande, e al di sopra di queste sciocchezze visto che, non dimentichiamolo, siamo tutti, tutti figli suoi, il buono quanto il cattivo, nessuno escluso. Al prossimo anno, Erri, se ci sarà un prossimo anno! un amico sconosciuto
Anche Babbo Natale ha effettuato numerose transazioni prima di arrivare con la slitta nell’immaginario dei bambini; come tutti i miti della nostra identità collettiva, seguendo le trasformazioni della coscienza di intere comunità. Le loro gesta sono “espressioni del nostro rapporto di reciproca interdipendenza e della partecipazione al sacro.” Un mito quando si carica di significati moderni non si presta ad interpretazioni dogmatiche, arricchendo la nostra vita interiore e contribuendo all’evoluzione del pensiero.
Nel momento in cui ho pensato a Babbo Natale come ad una musica, o ad una coreografia, si sono riaccese le luci che si erano spente il giorno in cui mia sorella maggiore mi ha informata che “Babbo Natale è morto”. Parallelamente il mio rapporto con il divino non si è mai incrinato a causa di un’interpretazione soggettiva dell’ipostasi della slitta. Cioè evolverà anch’essa, vedo.
Medito ancora sulla necessità di percepire ogni forma di “sussistenza”.
Sereno Natale, Erri e redazione.
purtroppo il consumismo ha inglobato e distorto il senso vero e profondo delle ricorrenze. Sul bimbo nato nella stalla si sono accesi troppi riflettori anacronistici e di pura convenienza. Bisognerebbe ritrovare l’umiltà nostra, anche attraverso ciò che è stata la vera figura del Cristo. Gioverebbe anche ai non osservanti come me. Colgo l’occasione per augurare allo stimatissimo Erri De Luca e a tutti Voi della Fondazione Auguri sinceri di Buone Feste, illuminate possibilmente dalla speranza di ritrovarci migliori, nel rispetto della nostra dimensione più umana.
Caro poeta, se penso ai miei natali di infanzia credo proprio che il faccione di Babbo Natale non rientri nella memoria. A casa (e per casa intendo quella di Barriera di Milano, dove c’era anche la nonna) il Natale si risolveva con: ” Che vuoi sotto l’albero?” e addio alla sorpresa. Mia madre, infermiera su tre turni, certo non aveva tempo per inventarsi qualcosa, o per farci sorrisi da donna casalinga; ci portava davanti al ‘paradiso dei bambini’ (negozio fortunato del quartiere, che ha chiuso solo pochi anni fa) e ci faceva puntare il dito. Un dito puntato all’anno sulla vetrina dei giocattoli era permesso, più per concessione di tredicesima che per diritto all’infanzia felice… Mia nonna ci pensava ancora meno, poche lire in una bustina e tanti auguri. Babbo Natale non ha mai avuto troppa fortuna in casa mia; tuttavia mica te lo potevi scansare tra scuola, mercati, Standa e Upim e tv il barbone col sacco te lo trovavi tra i piedi ovunque. C’era il ciccione vestito di rosso, urca se c’era, ma era mischiato con troppa realtà per credergli in un quartiere popolare, affiancato da troppe luci sui balconi, un Gesù bambino che nasceva tutti gli anni e a una vecchia brutta e sciatta che al sei gennaio riapriva la cartella per il giorno dopo. Non so negli anni ’50 chi di voi bambini credesse a mister Coca Cola, ma a Torino nel mio quartiere nessun bambino sano di mente negli anni ’70 credeva all’esistenza di un vecchio che entrava nel camino per portare i regali, chi dava segni di cedimento mentale diventava lo stronzo da mettere sotto per tutte le vacanze. Natale per me iniziava quando entrava a casa zia Rosanna con la famiglia, e la casa diventava un accampamento Rom. Natale era farsi venire i geloni pur di non rientrare a casa e star fuori con gli amici, usare i sacchetti dell’immondizia dei giardinetti per scivolare cxlo sulle collinette piene di neve. Natale era guardare nelle case dirimpetto e assicurarsi che tutte le finestre conosciute fossero accese. Natale era l’odore di mangiare nelle scale e le mani di mia nonna e di mia zia impastate di qualcosa. Ecco, il ciccione americano travestito si infilava un po’ dappertutto, ma senza un vero invito. Gesù no… Lui è rimasto in sordina per qualche annetto, poi s’è smarcato, ha preso il suo posto in casa e lì è rimasto. Di tutto quel che ha stancato delle festività di tanti anni Lui è l’unico a essersi salvato davvero, come giorno nuovo d’ogni anno, o il Natale di ogni giorno. Del resto, il sorriso di un neonato deve vincere sempre, o no? Ciao poeta, buon Natale <3