Un modo di dire: essere stanchi di.
La stanchezza merita rispetto, se si è stanchi occorre riposare.
Se si vuole intendere invece che si è stanchi non fisicamente ma di una situazione, allora il riposo non serve. L’espressione giusta in questo caso è: essere stufi.
Preferisco e pratico la stanchezza fisica che a fine giornata chiede riposo e avvia al sonno.
Me la procuro con un lavoro domestico, un allenamento, un’escursione.
È un poco animale e un poco macchina, il corpo.
Lo adopero esaurendo le sue forze quotidiane. Se le risparmio vanno a male, come la dotazione della manna che andava consumata in giornata, altrimenti, se fatta avanzare, marciva.
Il corpo costretto all’inerzia si ammalora. Se imprigionato deve darsi nella reclusione una disciplina quotidiana di esercizio fisico.
Si tratta di manutenzione.
Il corpo è la selezione di ere di affaticamenti, privazioni, collaudi nelle avversità.
Questa pagina è l’elogio della sua stanchezza fisica, da parte di un cardiopatico attivo.
Niente a che vedere con la seccatura di essere stufi.
In English:
Maintenance
Fatigue deserves respect; if one is tired, one must rest.
However, if the meaning is not physical exhaustion but rather being tired of a situation, then rest is not the solution. The correct expression in this case is: to be fed up.
I prefer and practice physical fatigue, the kind that, at the end of the day, calls for rest and leads to sleep.
I bring it upon myself through housework, exercise, or a hike.
The body is partly animal, partly machine.
I use it by depleting its daily strength. If I save it up, it goes bad—like the manna that had to be consumed within the day; if kept for the next, it would rot.
A body forced into inertia deteriorates. If imprisoned, it must adopt a daily routine of physical exercise.
It’s a matter of maintenance.
The body is the result of eras of fatigue, deprivation, and endurance tests in adversity.
This page is a tribute to its physical exhaustion, written by an active heart patient.
Nothing to do with the annoyance of being fed up.
Penso allo spazio che si dilata all’infinito tra il proprio corpo ed i propri obiettivi, alla conseguente liquefazione del desiderio se, per raggiungerli, il corpo è ormai non autosufficiente (per tutti gli obiettivi), i mezzi sempre più precari, come le sonde spaziali se si vuole sondare Marte, e sempre improvvisati se c’è un’emergenza umanitaria… Un mercato che spinge all’introversione della visuale della realtà, sempre più virtuale, perché il desiderio si inabissi al di sotto della sola auto protezione e non miri ad altro; che nasconda, in questo modo e l’unico che gli competa, di non saper comprendere l’Anima di un mondo introverso che evolve, che si inabissa come è naturale nei cambiamenti e fa apparire in superficie quello che non c’è, poiché dissociata da un Io e da un corpo incapace di “assaporare” un Noi… Pensavo, rimirando il Trump Gaza Resort.
È col movimento del corpo che liberiamo la nostra anima