Sono una di otto fratelli. Da bambini giocavamo a rincorrere le nostre ombre sgambettando sotto le luci del viale. Correvamo, l’ ombra prima stava dietro noi ma giunti in prossimità del lampione, formava un tondo intorno al corpo, sembrava sparire, per poi rispuntare improvvisamente davanti a noi allungandosi sempre più, fino alla vicinanza di un altro fanale. Per un breve momento accadeva che avessimo due ombre: una più scura ed una più chiara; si faceva allora una piroetta per farle incontrare. Tra fratelli avevamo inventato il gioco di pestarci le ombre. Ridevamo e ad ogni giro cambiavamo la parte del profilo ombroso che dovevamo toccare col piede. Vinceva chi arrivava a casa senza essere stato calpestato. Nel ricordo so che in quell’ allegro gioco eravamo noi le nostre ombre, nella nostra ingenuità infantile esse assumevano la nostra identità. Mi guardo ora l’ ombra proiettata davanti e ritento le stesse mosse: seguire un’ ombra è come inseguire un’ utopia, non la potrò raggiungere mai. Ma che conta? Rimanendo nell’ ombra vedo meglio la luce.
Forse l’ombra è ciò che tutte le cose sono in origine, certo il cerchio non si chiude, ma l’ombra vaga raminga nell’universo alla ricerca di una nuova materia che la faccia “esistere” nella sua inconsistenza,
Belle queste poesie, canzoni…..mi accompagnano piacevolmente questa giornata caldissima e colma di impegni con casa di famiglia che casca a pezzi e una” vecchia ” zia con gli occhi da bambina ma di una bellezza folgorante, mi hai fatto un bel regalo (a tutti noi lettori). Gr
complimenti Grazia, storia affascinante e bella che mi ricorda un tempo in cui i bambini riuscivano ad inventare i giochi
Sono una di otto fratelli.
Da bambini giocavamo a rincorrere le nostre ombre sgambettando sotto le luci del viale. Correvamo, l’ ombra prima stava dietro noi ma giunti in prossimità del lampione, formava un tondo intorno al corpo, sembrava sparire, per poi rispuntare improvvisamente davanti a noi allungandosi sempre più, fino alla vicinanza di un altro fanale. Per un breve momento accadeva che avessimo due ombre: una più scura ed una più chiara; si faceva allora una piroetta per farle incontrare. Tra fratelli avevamo inventato il gioco di pestarci le ombre. Ridevamo e ad ogni giro cambiavamo la parte del profilo ombroso che dovevamo toccare col piede. Vinceva chi arrivava a casa senza essere stato calpestato. Nel ricordo so che in quell’ allegro gioco eravamo noi le nostre ombre, nella nostra ingenuità infantile esse assumevano la nostra identità. Mi guardo ora l’ ombra proiettata davanti e ritento le stesse mosse: seguire un’ ombra è come inseguire un’ utopia, non la potrò raggiungere mai. Ma che conta? Rimanendo nell’ ombra vedo meglio la luce.
l’ombra c’è all’alba, poi partecipa a tutte le luci, solo non devi tradire l’amore
Forse l’ombra è ciò che tutte le cose sono in origine, certo il cerchio non si chiude, ma l’ombra vaga raminga nell’universo alla ricerca di una nuova materia che la faccia “esistere” nella sua inconsistenza,
Belle queste poesie, canzoni…..mi accompagnano piacevolmente questa giornata caldissima
e colma di impegni con casa di famiglia che casca a pezzi e una” vecchia ” zia con gli occhi
da bambina ma di una bellezza folgorante, mi hai fatto un bel regalo (a tutti noi lettori).
Gr
Caro Erri,
forse l’ombra vuole dire che “tutto è lontano-, e in nessuna parte il cerchio si chiude” (Rilke)?