Le parole posseggono una forza di suggestione capace di travisare la realtà. Radicalismo islamico: riferito agli autori di attentati, lo dimostra. Si tratta con evidenza del contrario: di superficialità criminale dell’Islam da parte di aderenti improvvisati. Nelle loro biografie di bassa delinquenza la scelta di definirsi islamici è una infatuazione che poteva prendere qualunque sigla. Hanno preso quella più strombazzata, di vendicatori del Califfato.
Radicalismo invece indica approfondimento, ricerca di radice.
L’espressione infelice usata dagli organi di informazione ha così il potere di fuorviare la comprensione della realtà e deformarla. Intanto consegna una patente di pensiero a chi ne è privo, ma aggiunge pure il danno di calunniare una religione che presa alla sua radice giustificherebbe i crimini dei suoi fanatici.
Questi attentatori non hanno approfondito nulla. Ridotti ai loro giusti termini si tratta di criminali che si ergono a boia di indifesi. Sono criminali che desiderano la ribalta di una strage. Sono il nulla che sa essere micidiale ma che non ha nessun potere di cambiare la realtà. Il nulla può solo fatturare lutti.
La nostra comunità deve e può temere questi miserabili maledetti? La mia risposta è no.
Erri De Luca
Sì, d’accordo, però “radicale” ha anche il significato (giusto o sbagliato che sia) di “estremista”. E la manifestazione della Divinità (rivelazione, illuminazione, scrittura con il dito sulla roccia) è stata spesso “estremizzata”, da noi.
La nostra storia ne propone esempi in numero sufficiente, dalle crociate al “Gott mit uns”.
Gli Ebrei ortodossi e ultra ortodossi sono convinti di seguire la legge ed esserle fedeli.
È storicamente evidente che la strumentalizzazione della Parola è (stata) utile al potere per arruolare individui, possibilmente in buon numero, che anelano alla “ribalta di una strage'”.
Questa sembra essere anche l’origine del Califfato, dell’Isis
Non giudico l’Islam, non lo conosco, non ne so nulla, bisognerebbe conoscere l’arabo e leggere il Corano in lingua originale.
Temerli? Non temerli? La risposta non è semplice e manichea, specie se si hanno figli che sono all’estero vuoi per motivi di studio, vuoi perché costretti dalla ricerca di lavoro.
Allora si teme, ed è proprio il timore “di non rivederlo, di non ricevere ancora la voce e la presenza intorno e addosso [da “Almeno 5″: L’odore dell’attesa]”, non di Iod, in questo caso, ma di un proprio caro.
Penso che essere prudenti (Mt. 10:16) sia sempre ragionevole. Senza pregiudizi.
Pierfrancesco.
Sempre la storia si ripete. Gli intellettuali rimangono cassandre inascoltate. Le democrazie si limitano a processarli, le dittature li internano nei gulag. Ma le loro parole filtrano come luce del faro oscurato dalle persiane.
Il mondo globale ha un idioma che non ha radici in cui il mondo reale possa specchiarsi. Il fatto che la parola non sia in grado di definire un fenomeno umano potrebbe significare che l’Europa stessa è un predicato astratto, un concetto politico copia conforme di una proiezione mentale, più che di un’idea con le gambe. La parola radicalizzazione si abissa allora nel suo sinonimo: affiliazione…
Con quale radice culturale identificarsi, se l’Europa non integra, ma fagogita, esseri umani?
In un vocabolario di termini tra cui attingere, cogliere in ciò che scrivi la precisione senza ritorno con cui ognuno viene scelto.
Le parole così solide costruiscono speranza. Grazie Erri.
Magnifica, spregiudicata analisi di ciò che fa terribile la parola che, pure, non dice tutta la realtà: nel tempo di una parola non é nascosta la vita grazie al cielo.
Mi spiego, la “ribalta” … che é potente, mi fa dire si. Noi dobbiamo temerli. Dietro ci sono le super potenze che dio sa che architetteranno , resta il tuo resto Erri, che fa pensare . Di questo ti ringrazio, e della speranza nel tuo rispondere no al dovere e al timore verso questi maledetti.
Leggendo queste parole ho sentito cadere le fette di prosciutto che mi foderavano gli occhi! L’ italiano in fondo è come la matematica: non è un’ opinione! Devo dire però che la risposta finale mi turba non poco. Come si fa a non temerli?
Matita contro mitra: chi vince?
Riscontro in quanto ha scritto un’accurata analisi linguistica in netta contrapposizione alla superficialità lessicale mediatica.
Interessante riflessione.
Oggi sono considerata radicalista per il fatto di cibarmi (da oltre un ventennio) di alimenti di origine vegetale. . .se fino a pochi istanti fa l aggettivazione mi indisponeva, adesso, dopo aver condiviso l ossigeno del suo pensiero ne vado fiera.
Le radici generano vita, protesa alla verticalita’.
…la penso anch’io così…
Signori questo è la letteratura, quella vera. Ancora una volta Erri De Luca mostra di conoscere e approfondire gli elementi della lingua. Anzi smonta pezzo per pezzo la meccanica del discreto parlare e raccontare quotidiano da riparare. Eccezionale.
Concordo col significato di “riparare” come ripugnare, ristabilire
grazie per riportarci al piano terra delle parole