Non solo dal cielo nuvoloso: le tempeste arrivano anche dal sole. Portano effervescenze elettriche che confondono i sistemi di orientamento, accendono aurore boreali a basse latitudini.
In un salone del Castello del Valentino a Torino sono stato invitato a discutere del tempo. Titolo del mio sommario intervento: Il tempo non è denaro.
Ho iniziato da una notte d’estate, lontano da sorgenti luminose, a testa in su a guardare l’universo da un punto qualunque della sua periferia.
Riferivo lo strano sentimento d’intimità con l’abisso che mi sovrastava. Me lo spiegavo con la presenza nelle mie cellule dell’elemento idrogeno che è anche il più diffuso gas dell’universo. L’idrogeno chiuso nel mio corpo salutava il suo equivalente siderale.
Il brulichio di stelle satelliti, pianeti da un orizzonte all’altro, appariva un immobile fondale. È invece la manifestazione della più potente velocità di viaggio, quella degli anni luce.
Con questi pensieri sulla vastità di spazio e tempo a chi verrebbe in mente di dire che il tempo è denaro? Ci vuole un’accanita volontà di distorsione per ridurre quello spettacolo a merce e a moneta.
Kohèlet/Ecclesiaste scrisse e riscrisse che niente c’è di nuovo sotto il sole. Non poteva sapere che molto di nuovo si produce dentro il sole. Le infiammazioni della sua corona frastornano gli strumenti e dimostrano che il tempo è una tempesta.
Alla fine è piovuto, portando allagamenti e melma. Menomale che c’è il tuo sguardo che va oltre.