Quando fu pubblicato il mio primo libro chiesi che nella quarta di copertina ci fosse il nome Napoli. Esordivo così da scrittore napoletano. L’aggettivo rivendicava il mio luogo di origine.
Il libro mi assegnava la cittadinanza di scrittore e mi occorreva l’atto di nascita: nato a.
Oggi mi definisco un napoletano scrittore. Napoletano è diventato il sostantivo, scrittore è diventato l’aggettivo.
Aggettivo viene da aggiungere, è un’aggiunta. La mia scrittura lo è, sta in appendice alla persona. La mia è napoletana.
Proprio perchè mi sono strappato dalla città a 18 anni, Napoli è diventata radice più di qualunque altro luogo di residenza. Da mezza vita abito una casa tra i campi. Ci sto da forestiero, ospite di pietre, di alberi, di stanze ora svuotate di presenze.
Si dice che col tempo si torna al proprio luogo di origine. Non mi trasferisco a riabitare Napoli.
Però mi accorgo che napoletano non è più un aggettivo: è il sostantivo, la mia consistenza.




