Il Mediterraneo è a forma di polpo sdraiato.
Non si riconosce la testa, si sa che ha vari cuori, che ogni braccio è indipendente dagli altri e se staccato ricresce.
La storia del Mediterraneo tiene conto di questa anatomia.
Ognuno, che ci sia nato o soltanto affacciato, sente che è un solo corpo, non un’assemblea di mari locali. L’Egeo, il Tirreno, l’Adriatico sono solo nomi di province.
Di questo corpo unico ognuno indica quello che rappresenta il cuore.
Per Albert Camus è Algeri, per Omero è Itaca, per Kavafis è Alessandria.
Per me sarebbe naturale Napoli, ma il mio cuore è di stagione estiva, perciò è Ischia.
Le civiltà di questo mare si sono scalzate una con l’altra, rinnovando l’elenco dei troni e dei popoli dominanti, scontrandosi sul mare in epiche battaglie.
In quella di Lepanto (1571) perse l’uso della mano sinistra Cervantes, dettaglio che non ha motivo di stare in questa nota.
In ogni sua epoca il Mediterraneo è stato una via dei commerci, che nessuna guerra e religione ha cancellato.
Questo significa per me che il Mediterraneo è un mercato e le sue bancarelle stanno ovunque come le ventose sui tentacoli.
Ho camminato su molte delle sue rive. Dall’ultima toccata riporto una vela di là da una scogliera.
Mi ricorda che la pelle del Mediterraneo è il vento e cambia i colori come quella del polpo.