Benjamin Olivennes nel suo saggio “L’autre art contemporaine” conclude che la diminuzione del credo religioso e della fede ha fatto crescere la fittizia sacralità dell’arte. Le opere d’arte raggiungono prezzi giustificati dall’esagerazione di essere trattati da reliquie.
L’artista è diventato creatore, titolo assegnato dalla teologia alla divinità che estrae dal nulla il suo creato. Invece l’artista che ne usurpa il titolo deve servirsi di materiali esistenti.
La diminuzione della fede ha moltiplicato le forme della credulità. Maghi, indovini, cartomanti, occultisti hanno ampliato il loro giro di affari e di reputazione.
Ce n’erano molti prima dell’avvento del monoteismo che li mise al bando, riducendoli alla clandestinità.
Il fervore richiesto dalla fede esclude la concorrenza di pratiche minori. La diminuzione d’intensità del sentimento sacro spodesta i sacerdoti e favorisce i ciarlatani.
In uno spazio neutro, terra di nessuno tra fede e superstizione, sta la sempreverde dea Fortuna. A lei e allo Stato titolare delle lotterie, si versa l’obolo annuale di miliardi.
Sono tra quelli che non giocano alle estrazioni e con i tagliandi da sfregare. Mi astengo dalle sfregature.
Mi è piaciuto il pensiero presuntuoso di un letterato francese, Chamfort: “La fortuna per arrivare a me dovrà sottostare alle condizioni che le impongo”.
Non sono d’accordo. Ancora prima di Michelangelo Buonarroti e dopo di lui; non sono d’accordo… Il sincretismo religioso ha soltanto dato altri nomi agli dei ed ai sintomi che il nostro Ego proietta ogni dove.
Sì, piuttosto presuntuoso, ma degno di nota.
Grazie, anche di questo, a Erri De Luca e alla fortuna che (senza alcuno sforzo da parte mia) me lo ha fatto incontrare; per una di quelle occasioni che non ho cercato consapevolmente ma che mi hanno colto, esse, per un destino benigno.
Ogni volta mi apre la mente e il cuore a qualcosa che ignoravo, o me lo fa riscoprire.