Il primo giorno d’inverno coincide con il punto più basso del sole sull’orizzonte. Già il seguente guadagna una minima frazione di luce.
Risento del buio anticipato della sera, della lampadina accesa già alle cinque. La ritardo col fuoco del camino, la sua fiamma che illumina e scalda.
Mi piace invece il lungo buio del mattino, l’avvio della giornata ancora avvolto nell’oscurità. Mi da più tempo, prima di uscire allo scoperto.
L’inverno è buttafuori della luce, la solleva ogni giorno un po’ più in alto, la fa ricadere più lontano. Dopo i sei mesi di declino lento, dal 21 giugno, inizia la risalita del 21 di dicembre.
Il mio natale, capodanno, epifania, senza le maiuscole, è festa di natura. Sono grato all’inverno che fa ripartire il sole, come lo sono state le generazioni antiche prima di darsi un calendario.
L’anno nuovo inizia il 21 dicembre, attraversa l’equinozio del 21 marzo, parità di luce tra le due parti del giorno e s’innalza fino al 21 giugno, cima del sole a picco a mezzogiorno, massima minoranza della notte.
Il corpo risente l’andamento di questo ritmo eterno. Con l’aumento degli anni me ne accorgo di più. È questa la cronaca dei giorni che più mi riguarda.
È appena iniziata la metà dell’anno in cui riparte dal suo punto più basso l’alta marea della luce.
“Mi piace invece il lungo buio del mattino, l’avvio della giornata ancora avvolto nell’oscurità. Mi da più tempo, prima di uscire allo scoperto.”
Ma non disdegno nemmeno il buio anticipato della sera. Mi piace il buio, d’estate e d’inverno, mi rassicura, mi fa stare bene.
“Uccidesti il figlio dell’Aurora, non rivedrai né la sua madre ancora”. Così nei ‘Conviviali’ di Pascoli il poeta racconta di una morte annunciata da una madre, l’Aurora a un figlio d’altri dei, Achille. E’ insieme una punizione e una predizione, l’Aurora prospetta al guerriero della guerra di Troia la fine, lui che gli aveva ucciso il figlio, sebbene amico d’infanzia. Rosicchio da questo altissimo poeta il senso della perdita della luce, oltre la quale non trovo peggior punizione di non vederne altra. Credo che ad Achille, saputa la notizia e nonostante fosse figlio di quei raggi, scocciasse più di non rivedere la luce che di morire (cosa che da guerriero e nonostante fosse un semidio aveva ben messo in conto). Peggiore della sordità, della perdita di mobilità libera, perfino dell’olfatto che la recente malattia planetaria mi ha ridotto, è quella della mancanza di colori e luce che forse solo i carcerati e gli ipovedenti possono descrivere. Non trovo nemmeno bizzarro che l’avanzare della luce diurna avvenga in prossimità del giorno di celebrazione della luce massima, il Natale (sebbene si sappia ormai che il giorno non sia proprio quello)… Il solstizio d’inverno è celebrato non a caso da secoli, come momento mistico e cultuale ma anche di riflessione sulle intenzioni dell’uomo, su cosa farne della luce che si eredita dalla fortuna nel prossimo futuro. Negli ultimi anni ho saputo cosa farne di questa luce ma, come hai ricordato te, ogni anno il tempo che passa mi ricorda che il corpo soffre della metà d’anno in cui la luce manca, e il buio diventa, come dite voi a Napoli ” comm a maglia ‘e lana: pogn!”, fastidioso. Anche gli occhi purtroppo iniziano a scalciare via immagini e parole che richiedono più attenzione per esser riafferrate. Per questo mi vien buono, piuttosto del solstizio del 21, esser parte di quello del 25 dicembre, mettendo nelle mani di quella Luce quel che resta della mia. Ci sono solstizi che valgono tutto l’anno e funzionano pure alle tre del mattino. 🙂 Tvb <3 Poeta. ps: buon anno nuovo
Invece per me il capodanno coincide col 21 marzo, tutti gli anni aspetto la fine dell’inverno come un regalo, e accolgo la primavera come risveglio della natura e rinascita di un’altra me stessa ringiovanita, con l’anno vecchio dietro le spalle e i suoi momenti tristi cancellati.
Ciao Erri, buon nuovo anno!
In questi giorni di chiusura per me è bello leggere di luce che piano piano torna. Io dal canto mio ho perso la connessione del tempo, vago e leggo di notte quasi al buio. In solitudine ci sono libri e pensieri. Non male.
Santo Natale: “Come il roveto ardente del Sinai, intravisto da Mosè, brucia senza esaurirsi.”
Non so se ho capito qualcosa, ma mi sembra poesia pura, normale…
È possibile che esista il ritmo circadiano della gallina ovaiola di allevamento intensivo, nelle corde di questi tempi, illuminato a giorno per tutto il giorno. La luna e la marea, in questo caso, sono “produzione-propria” di fantasia.
La morte di un padre e la nascita di un nipote devono aver provocato in me quel circuito di corrente continua che non permette soluzione di continuità al pianto, ma soltanto di cambiare di significato. Mi ha dato sollievo non mettere le luci al Presepe. Soltanto un nuovo agnellino davanti alla capanna. Quando verrà la Befana, saprò che è notte.
…Quando verrà la Befana saprò che è notte…
e prima o poi imparerò a stare attenta al posto dove deporre i miei commenti!
Buona fine e buon inizio a tutti!