Credevo di esserci da sempre.
Mia madre disse a un’amica che una sera di maggio le si ruppero le acque e non le tornavano i conti.
Da un’altra stanza mi misi a sentire ogni cosa, senza capirne una.
Con due settimane di anticipo, diceva, rispetto a una sera di settembre con il libeccio che gonfiava il mare e rovesciava spruzzi dentro casa. Abitava sopra una scogliera.
Per non sentire il chiasso di burrasca s’era messa sotto le coperte e poi sotto di lui, per lo spavento.
È stato per la notte di libeccio, e pronunciò il mio nome. Pensai d’essere stato scoperto a sentire, ma no, disse di me perché venuto al mondo per effetto di una nottata di burrasca a mare. La ricordava bene e non le tornavano i conti dei mesi.
Oggi non credo all’importanza delle cause. Come chiunque altro sono nato senza motivo, gratis, per sorteggio, dopo uno svuotamento.
Allora avevo cinque anni e seppi in questo modo e in quel momento ch’ero nato. Credevo di esserci da sempre.
Non chiesi. Le cose non capite le lasciavo così. Sono venute dopo le capienze. Però rimasi male a sapere di un inizio. Credevo di esserci da molto prima. Dentro le fotografie di loro due bambini già stavo nell’ombra e li spiavo.
Averne cinque di anni era una cifra astratta, valeva quanto averne cinquemila. Mi dispiaceva aver avuto inizio.
Della fine sapevo che era una sedia tolta, un posto apparecchiato in meno. La fine lasciava spazio ai vivi, uno spazio che restava vuoto.
Oggi do ragione a quel dispiacere di bambino. Meglio avere confuse le sorgenti, come succede a certi fiumi reticenti, dalle mischiate fonti.
Un verso di Kohèlet, raggiunto per vizio di lettura, spariglia le notizie: ”Buona la fine di una cosa più del suo principio”.
Non è vero, ma può darsi che funzioni per lo strepito dell’ultimo dell’anno, il conto alla rovescia dei secondi che accendono le micce dei fuochi d’artificio di stanotte.
Macché tesò, a me ‘sto conto alla rovescia mi sta sempre più sulle… Sulle. Vorrei non esistesse’ sto rito idiota di passaggio inutile e frenetico, e in più da qualche anno ho il sospetto che abbiamo perso il conto da un pezzo, che il giorno eventualmente designato manco è quello a cui tutti si affidano per brindare, così :coglioni due volte siamo. Brutti sono gli anni vissuti con speranze inutili, con sempre meno bicchieri uniti a tintinnare, una conta feroce di nomi mancanti. Certo, ci sono i rimasti… E se una sopporta ‘sta festa del cz è solo per il loro sorriso pulito, perché rovinarlo? La speranza è giusto sia l’ ultima a morire, passa quindi di mano a chi la regge… e non saranno le mie a tirarle il collo davanti a chi è disposto a carezzarla. Un bacio poeta, anche quest’anno siamo sopravvissuti al 10,9,8… A naso tappato . Buon anno
Ma sì… Avrei amato il cavolo, se fosse stata vera quella storia! Sotto un cavolo o per mezzo di una cicogna, buona fine perché altrimenti non c’è buon inizio. Bisogna svuotarci, per riempirci di tutto ciò che è nuovo.
Le parole di Erri arrivano come nocciole rotonde sulla tavola delle feste…Grazie.
Esiste il tempo se non ci fossero eventi per riempirlo e memoria per ricordare? Un bimbo non ricorda della propria nascita. Dunque ha tempo infinito (esiste da sempre), almeno finche qualcuno gli racconta il suo inizio ed allaccia il suo tempo al tempo storico. Due libri per associazione di idee: ‘la montagna incantata’ di Mann e ‘Tu che mi guardi tu che mi racconti’ di Cavarero. Buon Anno Nuovo.
Dall’inizio non voluto alla fine prestabilita. Testo fantastico. Buon inizio allora dopo la fine.
Qual è la necessità di abbruttire l’evento di fecondazione prima e la nascita di una vita poi? Vada per “Come chiunque altro sono nato senza motivo, gratis, per sorteggio” parole che parlano di casualita rispetto al perché io in quel momento in quella famiglia…ma perche aggiungere, “dopo uno svuotamento” perche la necessità di banalizzare e rendere gesto di “monnezza” quanto piu di misterioso magico e prezioso ha la funzione del corpo?
Grande Erri buon ª tutti: che sia di pace…