Nel 328 a.C. Alessandro Magno adottava per le cerimonie della sua corte il gesto della genuflessione, prendendolo dalla sconfitta Persia. È atto di umiltà già praticato in Babilonia, che abbassa la statura più intensamente del semplice inchino.
È nelle pratiche di molte religioni, fino all’uso privato del pretendente inginocchiato per la proposta di matrimonio.
Il corpo umano esprime politica. Già partecipare a una manifestazione è dichiarasi goccia e far parte di una densità liquida incanalata in una corrente. Sugli spalti di alcuni raduni sportivi i presenti si alzano e si abbassano a formare la consapevole immagine di un’ondata umana. Il corpo ha un’eloquenza pubblica comprensibile a tutti.
Il ginocchio è la più grande articolazione dell’organismo umano, capolavoro di anatomia capace di sopportare durante l’andatura carichi superiori al peso corporeo. È una delle parti a maggiore concentramento simbolico.
Nelle centinaia di manifestazioni, nelle migliaia di arresti per violazione del coprifuoco, in seguito all’assassinio del cittadino George Floyd da parte di agenti di polizia, il ginocchio a terra è stato il più potente gesto di solidarietà.
Negli Stati Uniti alla cerimonia di consegna della bandiera ai familiari seduti di un soldato morto in servizio, davanti a loro un ufficiale in alta uniforme porta a terra il suo ginocchio sinistro in onore della memoria.
Per molti giorni manifestanti di epidermidi scure e pallide insieme hanno riunito di nuovo l’America che il razzismo vuole tenere divisa. In molti luoghi, poliziotti e autorità locali hanno poggiato il ginocchio sinistro a terra davanti ai manifestanti in gesto di rispetto militare per il civile ucciso.
Prima di queste manifestazioni, tre anni fa il giocatore di football americano Colin Kaepernik inaugurava il gesto di protesta antirazzista “take a knee” in uno stadio durante l’inno nazionale. Il suo esempio si propagò e poi si spense. Stavolta non si tratta di un gesto di atleti sotto i riflettori, ma di popolo che ha smesso di stare a guardare.
Dalla rotula poggiata al suolo inizia il secondo tempo di un’altra America, di nuovo grande di sentimenti civili. Dal ginocchio in terra inizia a rialzarsi il paese di una nuova alleanza. Sarà più di un New Deal.
È nato… Oh sì, a prescindere dal colore della pelle, dalle note sulla patente di idoneità psicofisica che attestano quello che è e dove si trova, è nato. Lo certificano soprattutto le forze resistenti che si contrappongono. Né da esse né da nessun’altro vorrà consigli: sembrerebbero deviazioni, comunque. In ginocchio come segno di accoglienza senza condizioni che possano cambiarne il verso e il senso.
Ma ogni ginocchio che si piega, a Washington come a Torino, a Roma o aMilano, è un segnale che il cammino dell’uguaglianza prosegue e che, con le parole del Papa, non possiamo più tollerare nessuna forma di razzismo né di esclusione.
Caro poeta, ricordo un filmetto americano di qualche anno fa, uno di quelli che mettono nei pomeriggi estivi nei palinsesti commerciali per tenere occupati ragazzi annoiati. C’era un ragazzo bianco di buona famiglia che, avendo esagerato dei benefici e della pazienza dei genitori, beccava la punizione esemplare: niente soldi per il college prestigioso e niente risorse. Il ragazzo dovette reinventarsi un programma per il futuro, accettando un lavoro modesto e facendo domanda di borsa di studio in un college meno importante. Per ottenerla si spaccia per un ragazzo di colore, perché la borsa di studio era destinata alle minoranze e, facendosi aiutare dall’amico chimico che inventa un intruglio che scurisce la pelle, strappa a un altro candidato l’accesso al college. La condizione di ragazzo di colore è per il protagonista un’esperienza traumatica, deve affrontare pregiudizi e abusi che prima non sospettava. A farla breve dopo un po’ l’effetto dell’intruglio svanisce e il ragazzo ricco finisce davanti alla Corte… qui viene il bello: il giudice, di colore, ovviamente punisce il ragazzo, ma gli dice “ Almeno adesso hai fatto l’esperienza di cosa vuol dire essere un ragazzo nero”. Il ragazzo ormai slavato si volta e gli risponde “ No signor Giudice, non lo so. Io posso sempre tornare indietro, agli altri non è concesso.”
Scusa il preambolo tesò, ma era necessario per il concetto… Chi non ha il fardello di una metacomunicazione, ovvero quello che ti identifica in un gruppo sociale in modo inequivocabile (peruviano, cinese, di colore; ma anche punk, hippy, ecc..) senza dover parlare, non capisce fino in fondo che cazzarola vuol dire essere giudicati dal colore della pelle (parlo per esperienza personale). Ora, mi auguro come te che questo gesto sia davvero di pentimento. Hai evitato molto bene la parola, ma io la spiattello, perché è quella la posizione in cui si chiede perdono, prima agli uomini e poi a Dio. L’America non è grande come sembra… lo so ormai dalla tanta storia di cui mi nutro in questi anni. Però so pure che ha molto potenziale per riuscire… Faccio come te, mi attacco alla coda dell’aquilone della tua speranza e al New Deal dei diritti che auspichi, e non solo per l’America. Del resto , è quello che faccio sempre quando non riesco a vedere fin dove arrivi tu (sarà mica l’altezza? Mah…) anche per altri discorsi. Portami con te, perché se resto nei miei pensieri sul razzismo non credo di veder terre promesse. Ciao tesò <3
Mi unisco alla tua speranza, Erri! Ho ancora parenti americani, discendenti delle sorelle di mia nonna emigrate all’inizio del ‘900 negli States. Purtroppo non posso più inginocchiarmi, causa protesi dx e sx, ma apprezzo l’analisi tua che scava nelle coscienze e nella svolta della nuova America. A quando la nuova Europa? Un abbraccio gigi
In ginocchio da teee…. Gianni Morandi… anni sessanta….!!!