Più della scrittura in prosa, quella in versi ha bisogno di una voce che ne batta le sillabe, le estragga dalla cassa toracica, le stacchi dalle labbra e le affidi all’aria, al vento che è il più fedele mezzo di trasporto.
Qualcuno aggiunge ai versi una musica, rendendoli leggibili agli analfabeti, ai ciechi. Il canto allora è un tappeto volante, arriva dove i versi da soli non sarebbero andati, di voce in voce fino all’ultima fila.
In occasione della edizione in Croato delle mie frasi, sento che vanno ospiti presso una famiglia, in una lingua di poeti che ho letto e dei quali, tre almeno, sono stato amico.
Sono venuti alla mia tavola, seduti sulla panca, uomini del 1900, patria comune di noialtri che nel bazar del secolo seguente ci ritroviamo stretti. Il mondo si è ristretto. Era più largo prima? Sì, lo era.
Le mie frasi venute non so come e da dove, escono apparecchiate nella lingua dei poeti amici, Predrag, Izet, Ante. Non abitano più, si sono cancellati dalle anagrafi, hanno restituito i documenti e si sono avviati nel “fondu” dello schermo in cui spariva Charlot col suo fagotto in spalla.
Siamo del Sud di questo continente stracarico di lutto e perciò di storie. Abbiamo frutti uguali nelle stesse stagioni, pane cotto nel legno degli stessi ceppi. Abbiamo le fierezze ammaccate, imparate nelle scarsità. Nei poveri che fummo, la dignità, superflua per i ricchi, è stata obbligatoria. Il resto, compreso il necessario, poteva mancare.
Qui sono registrate le impronte, nero su bianco come le digitali, di uno che ha tastato alla cieca il proprio tempo, orme lasciate da passante, i fogli del fascicolo di uno schedato dalla polizia politica, tra i tanti innumerevoli.
È privilegio stare da poeta nella pronuncia di una sorella lingua, dono ricevuto da una latitudine prossima, l’ultima ferita in Europa dal 1900.
Grazie, come sempre.
Caro poeta, che strana cosa leggere i versi in una lingua non propria. Sarà un’emozione rileggerti le parole in un’altra lingua, avranno un altro gusto. Ho, mischiati tra i tuoi libri, una vecchia edizione di raccolta di prosa di autori stranieri come Pablo Neruda, e un’altra che si chiama “30 Poesie” edita dall’Unità degli anni ’80, un allegato della “Rinascita”. Sono di quei testi che hanno cura di riportare la voce originale accanto a quella in lingua amica. L’occhio è ovvio, cade subito sulla lingua di casa, ma poi la voglia di assaggiare la parola originale dalla terra madre è troppa… pure se si tratta di russo! Così m’è venuto di criticare il traduttore F.Fortini sulle poesie di Paul Eluard per alcune parole non idonee, così m’è venuto da pensare che Neruda, il poeta che si è cambiato nome prendendo quello di un altro poeta, è ancora più grande nella sua lingua. Laddove è possibile, con un po’ di sforzo, è giusto sentire come suona un’altra voce, è giusto avvertire il canto di un’altra terra; tuttavia, senza qualcuno che si prenda il mal di pancia di tradurre le poesie per tutti, gran parte dei lettori si sarebbe persa mille universi di bellezza. Ecco, mi auguro che i croati facciano con te quello che noi abbiamo fatto con Izet Sarajlić, leggere le poesie in croato e provare ad assaggiare qualcosa nella nostra lingua, sarà buffo, sarà comunque un incontro speciale. Tanti baci poeta <3 e auguri 😀
Provo a tradurre con una maschera:
È Apollo che dà forma ai contenuti di Dioniso nella patria dell’anima, il senso del viaggio, origine e ritorno, dei fieri poeti… di questa latitudine.
Ovvero “Bisogna avere un caos dentro di sé per generare una stella danzante”. E il mondo si espande perché, in mancanza di certezze, ballare sulle note di ogni possibilità traduce la tragicità della vita in volontà.
Caro Erri, sapessi il ristoro che trovo nei tuoi versi… Nei tuoi libri trovo emozioni condivise a cui non avrei saputo dare miglior parola. Grazie
Meraviglioso scritto.
La lettura mi ha toccato tasti vulnerabili , pronti a sanguinare appena sfiorati.
Lei parla dello sforzo che ci vuole per estrapolare la parola poetica dal suo silenzio; mi venne in mente Ungaretti mentre declama le proprie poesie: la voce e la faccia ne trapelano lo sforzo immane che la poesia richiede perché abbia vita.
La poesia ha bisogno di affinità, una poesia o si ama o si lascia in pace. Non ci può essere contatto freddo con la poesia. Essa sconvolge perché nasce dallo sconvolgimento .
Sono felicissima per Lei e mi è totalmente comprensibile il fatto che le Sue opere siano tanto apprezzate e amate da una così vasta fetta di umanità.
Le auguro ogni bene.