È come il dorso di una conchiglia, con le striature che partono da un centro e poi si allargano a ventaglio, allontanandosi, approfondendo solchi.
Il mio interesse per la scrittura sacra sta nel risalire a quel punto di partenza che ignora tutte le diramazioni successive, ortodossie, scismi, eresie. Gli inizi hanno un’integrità che non si è ancora suddivisa.
L’Ebraico antico è sede di avvio del monoteismo. Esprime la forza d’urto che smantellerà i politeismi. Le pullulanti divinità prodotte dalla immaginazione teologica della specie umana sarebbero scadute a mitologie.
Ognuna di esse, onorata per vera dai suoi cultori, non escludeva le altre. Non erano concorrenti tra loro, le divinità precedenti, erano tutte plausibili. Non domandavano conversioni, ogni comunità si teneva le proprie.
Il monoteismo, in ordine di apparizione prima l’Ebraico, poi il Cristianesimo, poi l’Islam, irrompeva a imporre la sua esclusiva.
L’idea di un solo creatore, immerso in una solitudine assoluta e intento a produrre il molteplice, non è stata superata. Può solo essere negata.
Risalire a quell’origine è stata la mia aspirazione di lettore. Ripercorrere all’indietro le striature della conchiglia, raggiungere la sorgente che in ogni lettore si rinnova: mi sono procurato un’abitudine più vertiginosa di quella praticata in montagna.
In questi mesi di segregazione ho tradotto i capitoli riguardanti la vita del profeta Elia. È inattuale, distante, energico, insolente con le autorità: una di quelle personalità che trascinano folle, ma non vuole. Al contrario di Mosè, per lui il deserto non è un luogo di passaggio, ma la residenza.
Nell’improvviso vuoto che si è allargato intorno in questi mesi, mi è convenuto frequentare Elia. Ho potuto guardare la realtà dal panoramico punto di vista del disperso.
È un abbandono attivo che permette di ascoltare la “voce di silenzio” . È un’istanza interiore che pare la dismissione della libertà. A dimettersi è l’io e le sue maschere. Ma il politeismo è della psiche.
Insuperabili stimoli a discutere pregiudizi e separazioni. Grazie Erri – Mario il barbiere ti saluta sempre e presto lo rivedrai…in vetrina! ciau gigi
In segno di gratitudine per questo bellissimo articolo e per tutti
i Suoi scritti che insieme ad altri hanno contribuito a nutrirmi l’anima e l’ immaginazione , Le invio, con umiltà e come dono di ringraziamento, l’ultima mia poesia dell’isolamento.
Non è stata ancora letta da nessuno.
Ali
Con addosso la veste di pelle
sgualcita che non mi tradisce
e non m’abbandona
sfarfallo per casa
come angelo custode a riposo, che cerca
con la sola forza del pensiero
raggiungere i luoghi del cuore dove hanno
lasciato le penne
le ali.
Oh, quanto pesano alla schiena le mie ali glabre
e quanto mi donano …
così come pesano alla schiena della Città
i ruderi millenari
donandone lustro di polvere.
Le auguro serena giornata!
Caro Erri,
il tuo scritto di oggi mi ha condotto ad poema che ai tempi del Liceo avevo sottovalutato, https://it.wikisource.org/wiki/Sopra_una_conchiglia_fossile_nel_mio_studio, la riflessione poetica di Giacomo Zanella sopra una conchiglia fossile (1868). Ho provato a cantarla con la musica dell’Inno di Mameli e forse scegliendo le strofe giuste e qualche finale (magari cambiando l’Italia chiamò) potrebbe servire, grazie dei tuoi messaggi sempre illuminanti, Mario Fosso