“La lingua della poesia è quella dove si sente la macchina da presa”
Non conoscevo questa frase di Pasolini, dalla quale dissento. Pasolini aveva per me il merito di stimolarmi un’opinione diversa. Non sento nei versi la presenza della macchina da presa. Non è un regista il poeta, piuttosto è uno scalzo che va sopra carboni accesi. Il peso che poggia sulle sillabe è quello di chi cerca di calcare il meno possibile mentre raggiunge il bordo di un a capo. Niente in comune ha con chi arreda una scena, dotandola di recita, di azione e di commento musicale.
La poesia è più affine al teatro dove l’interprete sale su una scena spoglia e dichiara di trovarsi in cima all’Empire State Building. Ecco che lo spettatore lo vede lassù, aggiungendo la sua visione suscitata dalle sole parole. Il cinema deve salire su quell’ultimo piano, allestire il set, dove niente è lasciato sottinteso.
Il cinema è il riassunto perfetto di arti varie. La poesia è la forma più addensata della letteratura. Al cinema sto da spettatore, dopo avere acquistato un biglietto che è anche titolo di viaggio intorno a una storia.
Davanti alla poesia sto sull’attenti, pronto a obbedire al suo ordine o a respingerlo. I versi affrontano in tremito l’aldilà di un lettore. Vengono da lontano, il loro arrivo sulle righe di una pagina stampata è uno sbarco d’oltremare in terra sconosciuta.
Il cinema ha una sua lirica indipendente dalle parole, dal tono di voce. I film in bianconero e muti di Chaplin, Buster Keaton, esprimono la loro tensione poetica con il corpo e la luce. Il cinema può produrre effetto di poesia con il niente dello sguardo di un clown, di una piuma in volo sopra una panchina. Il cinema si muove in orizzontale passando da una scena all’altra.
La poesia si muove in verticale. Quando apro una sua pagina, sto affacciato su un precipizio di versi. Le ciglia scendono i suoi salti, stringo le palpebre per filtrare il vento di una corrente ascensionale lungo un versante al sole. La retina s’incipria di sillabe che risalgono un abisso.
Immagino la Divina Commedia come un sogno di Dante, di quelli fulminei che contengono vastità di avvenimenti in frazioni di secondo. Sono tempeste cerebrali che lasciano al risveglio una stanchezza profonda. Di tutta l’opera solo un ciuffo di versi rimane tatuato nelle mie meningi come un’àncora sul braccio. Quei versi si depositano su un fondale di me che non conosco, frequentato da incubi e creature abissali.
I versi sono palombari calati all’interno di chi legge. Il cinema è un mercante di tappeti, alcuni anche volanti.
Erri De Luca
Il cinema ci immerge nel subitaneo apparire e svanire della sua fotografia e, con musica e voci, genera l’illusione che la realtà possa essere come ci viene descritta.
La poesia è un canto che, senza sprecar parole, sa togliere alle cose il velo della normalità.
Cinema e poesia non differiscono nella loro essenza: creare immagini.
Secondo me la poesia la poesia esegue il compito di non farsi trovare, la sua ragion d’essere é non avere fede, non ha che fare con l’illuminazione. Con indosso i panni della prosa é Funes della memoria, praticamente insostenibile.
“Ritorno a casa” di Manoel de Oliveira è un film-poesia, un film, una poesia? Perché commuove?
tarlo poetico-ossessivo