All’aeroporto Paola parla con Sandra, addetta al banco degli imbarchi. Si ricorda della faccia e del nome di Paola.
Si scambiano battute, confidenze. Stiamo andando in Francia. Sandra dice che suo fratello ha aperto un ristorante, ci raccomanda una visita. Ci serve un posto per andare a cena e lei ci prenota un tavolo per la sera stessa.
Ci andiamo. Si avvicina un giovane uomo, chiede in italiano se sono Erri.
Sì, dico.
“Sono Matteo, il figlio di Gian Maria Testa”.
Salto dalla sedia. Non l’avevo riconosciuto. L’ultima volta l’ho incontrato al funerale di suo padre. Fa il cuoco proprio lì, in quel ristorante.
Con Paola tento un calcolo delle probabilità di quest’incontro. Lei aggiunge alle variabili anche il fatto che al mattino, partendo da casa, ha messo in valigia le canzoni di Gian Maria Testa in cd.
Lei dice che è stato lui a fare in modo di farsi ricordare.
Io non arrivo a dare un’intenzione al caso di un incontro impossibile. Ma l’impossibilità avviene continuamente e non ripete le sue improvvisate.
Il nome del ristorante è “Anima”. Sta in una via che si può tradurre : Cerca (non circa) Mezzogiorno.
L’impossibile dà le vertigini, o forse è il vino che ho scelto, una Barbera piemontese, o forse il soprassalto di ricordi delle cene veloci inghiottite con Gian Maria prima di salire sul palco.
Poche settimane prima di morire venne a starmi vicino nell’aula di Torino dov’ero processato. Esistono gli amici e poi, a un livello diverso, uno si trova accanto il fratello mancato. Era più giovane di me, lo è sempre di più.
Matteo Testa porta al tavolo le pietanze che cucina. Ci piacciono, vengono da lontano, mandano sapori di Langhe.
Mangio e guardo fuori dal piatto, intorno, soprapensiero, al modo di uno che pensa o aspetta qualcuno.
A proposito: eravamo in quattro, ma per un equivoco il tavolo era apparecchiato per cinque.
Un libro per il cuoco sapiente Matteo Testa
Dogen-Uchiyama Roshi Ubaldini Editore
Istruzioni a un Cuoco Zen.
Nessun esotismo ……per non perdere neppure un chicco di riso
Il bene, la fratellanza ritornano…
nei deserti d’ogni cuore
apri il fonte guaritore,
chi,dei giorni schiavo,gode
libertà muovi alla lode
W,H,Auden
Certe parole mandano sapori
e mettono le ali ai nostri pensieri
E,poeta,tu,sprofonda
nella tenebra più fonda,
la tua voce sempre voglia
liberarci d’ogni doglia;
messi i versi tuoi a coltura
rendi vigna la sventura,
la miseria umana in canto
volgi estatico nel pianto
cara Valeria -LOST IN TRASLATION-anche per le nostre di costellazioni…….
Ho applicato soltanto la relatività concettuale per correggere l’angolazione e permettere di visualizzare la stella nascosta, e non persa, nella traslazione nel piano cosciente.
Fosse un sogno, il messaggio da parte di Anima direbbe che hai una costellazione in petto ed è tempo che tu la veda.
L’attesa aumenta soltanto la probabilità di inutili e raziocinanti ansie compensative di qualsiasi vuoto.
Sto scherzando, Erri.
….non è stato un caso.
….non una coincidenza.
….l’amore và oltre…………..
La speranza non è la virtù dell’ottimista ma è quel sobbalzo sorpreso che ci anima
verso quel luogo dell’impossibile e che apre al futuro.-Spes contra spem -qui e ora.
“Quando ti viene nostalgia non è mancanza.
È presenza di persone, luoghi, emozioni che tornano a trovarti”.
Struggente, Erri…
Emozionante…io credo a l’impossibile…
Ricordo e foto bellissimi.
Il caso non esiste המאסטר. Tu non lo sei, la tua “non fede” non lo è, nessuna anima che si interfaccia a te lo è. Clara Giovanetti
Gian Maria aveva un’esistenza delicata, come la sua arte, efficace perché capace di essere al mondo perfettamente al proprio posto, in maniera umile e al contempo geniale, fuori dagli schemi.
Dal tuo racconto ritrovo in Matteo la stessa delicatezza, il modo in cui ti ha avvicinato, riconosciuto, svelato la sua identità, ospitato nel proprio quotidiano offrendo un pezzo di sé attraverso i suoi piatti.
Non so di che natura sia l’equivoco che ha imbandito la tavola con un coperto in più. Ma sono convinta che le persone che non ci sono più tornino occasionalmente sulla terra, tra i vivi o presunti tali, senza avvisare nè sconvolgere ordini apparenti, in forme che umanamente non possiamo spiegare ma col cuore siamo in grado quanto meno di afferrare, sentire.
Colpa del Barbera? Probabile, in vino veritas.
Impossibile? Caro Poeta, da un napoletano non me l’aspettavo 😀 . Ma come? Non lo sai che i ‘migrati’ nell’aldilà hanno tanti modi per raggiungerci? (Eppure hai scritto ‘La doppia vita dei numeri”, rido, scusa). Non esiste il ‘caso’ in queste cose… non esiste, e il numero consistente di dettagli che hai elencato ( il ristorante che si chiama ‘Anima’, l’incontro con il figlio di Gianmaria, il tavolo apparecchiato per cinque…) ci confermano una volta di più che il pannello sottile che separa i vivi dai trapassati è bucato in qualche punto, e qualcuno di là ne approfitta, giustamente. Potrei citarne altre di ‘coincidenze’ (una foto che non guardi da tanto tempo e che sbuca fuori, un foglio trovato in un libro che ti riporta al nome o al volto di qualcuno che non c’è più, un sogno di qualcuno che ti avvisa di prossimi cambiamenti o pericoli… che poi si avverano. – Da me il telegramma dei sogni funziona! Vorrei raccontarti di mia nonna, ma non c’è spazio, ma credimi: rimarresti di ghiaccio). Ce la fanno, solo loro sanno come, ma ce la fanno a raggiungerci ancora. Fa sorpresa, nella nostra razionale quotidianità, ma attiene alla stessa voce che ti consiglia di tirare indietro il piede prima di attraversare una strada pericolosa, o di girarti un attimo a controllare che la porta di casa sia davvero chiusa o il gas spento; è la stessa voce amica che si fa presente.
… Oggi, certo, siamo distratti… e con tutti ‘sti social è pure difficile dimenticare certe cose, certe facce. Da facebook ad esempio parte spesso l’algoritmo che consente di rivedere quel che hai caricato esattamente uno, due , cinque anni prima. La memoria visiva è facilitata, ma non quella emotiva… per quella servono i cari estinti. Esisterà nel cuore un algoritmo della memoria cardiaca che solo questi fatti riescono a risvegliare, e non c’è manco bisogno della corrente elettrica. PS: hai usato la parola ‘morire’. Tu saprai ormai quanto adori il dialetto napoletano (in particolare); Be’, esiste un termine espressivo usuale in Campania per descrivere chi trapassa che proprio non digerisco però, che quando lo sento mi fa scattare proprio in virtù di quelle credenze che mi stanno accompagnando e che so che (almeno a livello letterario…) condividi anche tu: ‘finito’. Quando uno è mancato, si dice ‘è finito’, vero? Ora che sai che la morte non ‘finisce’ proprio niente, conto sulla tua bravura letteraria, e sulla tua umanità espressa in questo bel racconto di amicizia che non conosce ostacoli, affinché questo termine da te non venga usato. L’antipatico ‘finire’ lo lasciamo a chi non sa approfittare di inutili pannelli bucati, per stringere ancora mani dolcissime. Tanti bacini <3 (… e un abbraccio a Paola) .
… e capita nella tasca di una sera di incontrare il filo del gomitolo che abbiamo cominciato a dipanare col padre…
Si può (è un dono speciale) parlare di tutto con un linguaggio _fatto_ di cose.Anche di Anima.
In questo modo i pensieri e l’impossibile penetrano ,come chiodi,la testa e il cuore
il tavolo era apparecchiato per cinque …
Straordinario!!!