Frequento le albe, non ne manco nessuna.
Alba in Latino è l’aggettivo bianca. La sua prima luce è una decolorazione del buio. Lo stinge a partire da un lato detto oriente. Forza l’orizzonte e lo solleva a saracinesca.
Oggi le sperimento da solo. In passato le ho condivise con i molti, sui mezzi di trasporto o già direttamente sui luoghi di lavoro. Nelle officine del primo turno iniziato alle 6, l’alba d’inverno era una nebbia ai vetri nei lucernari in alto. Il giorno che cominciava là fuori era già ben avviato per chi era sulle pedane a muoversi tra i macchinari.
Ho ricevuto albe su qualche parete di montagna, partito di notte con la lampada frontale. Spegnerla era già stare parecchio in alto.
Albe alla guida di furgoni in qualche posto sbattuto da una guerra, su una pista sconnessa, ai posti di blocco, alle dogane. Le ultime recenti passando vicino alle pianure piantate a grano intorno a Odessa.
Ci sono state quelle venute dopo le notti a stampare volantini al ciclostile.
Le albe alla fine dei turni di notte, venute come un collirio per gli occhi sforzati.
Sono tra i molti che sono svegli prima di giorno, mentre fuori è ancora duro il silenzio.
Quella di oggi l’aspetto scrivendo questa nota, dopo le letture macchiate di caffè.





[…] Chi v’ha guidati o che vi fu lucerna?[…] (Catone l’uticense nel primo Canto del Purgatorio della Divina Commedia)
E perchè no? Tornare indietro in una scatola ogni volta che ci sia bisogno di traghettare verso l’alba la presenza di una pace in carne ed ossa e viveri e strumenti condivisibili che ne amplifichino il senso e la percezione.
Queste parole per descrivere l’alba sono poesia. Io non posso fare a meno di leggere i pensieri di Erri De Luca espressi da lui con le parole adatte, coinvolgenti. In questi ultimi mesi, per rabbia e tristezza, non ho letto niente di quello che è stato scritto da lui. Non potevo accettare di non essere dalla stessa parte rispetto al tragedia di Gaza. Non potevo pensare che dalla sua testa non uscisse la parola genocidio per definire l’orrore vissuto dai palestinesi. Non sono ancora rassegnata: devi capire! Nel frattempo, da stamattina ho rotto l’embargo: da stamattina riprendo a leggere i suoi scritti, perché ne sento il bisogno. Saluti. Marina Farzini