Responsabilità dell’affresco: su strato d’ intonaco appena steso il pittore traccia linee infallibili che non possono essere corrette, rifatte, cancellate. Se sbaglia deve disfare l’intonaco.
Responsabilità nella potatura dell’ulivo: vanno tolti i rami che partono verticali e quelli che infoltiscono il centro della pianta. In mezzo ai rami dev’esserci aria da poterci tirare un cappello senza che s’ impigli.
Responsabilità della parola: una volta pronunciata non può essere annullata, revocata, smentita. “Finche’ sono nella tua bocca tu sei il loro signore, quando sono uscite dalla tua bocca tu sei il loro servo”. Sono fatte di fiato, le parole, pero’ portano peso.
Nella Lettera di Giacomo, pubblicata in ogni Bibbia , la lingua è come il morso imposto ai cavalli, un piccolo strumento che guida tutto il corpo. Altra immagine di Giacomo: la lingua è come il piccolo timone che governa l’intero bastimento. C’è stato un tempo della civiltà che ha rispettato fino al timore la parola detta.
Oggi le pubbliche, in politica, in economia, in una sentenza di magistratura, si sono liberate da responsabilità di conseguenze. Non devono rispondere di quanto affermano. Subito falsificate dai fatti, smentite da chi le pronuncia, sono assolte dalla formula: sono state fraintese.
Anche le sentenze di magistratura: condannano una persona a una pena definitiva in cassazione e sospendono l’ esecuzione, neanche i sontuosi arresti domiciliari. A quella persona sì, a diecimila altre no, perchè così va a loro l’ esercizio del potere proprio e la sottomissione all’altrui. Da noi la giustizia è un atto di fede. Per devozione alcuni affermano di credere nella magistratura. Io resto non credente.
Non sono friabili solo le parole pubbliche: una persona dice :”Ti amo” e nel giro di un giorno, un mese, un anno si rimangia l’ affermazione. Più prudente il napoletano dice :”Te voglio bbene”, dove la forza del sentimento sta nel raddoppio della b di bene. Quando s’ indebolisce il trasporto, cade la doppia b :”Te voglio bene” e’ già anticipo di dimissioni.
Questa nota sulla parola mi e’ stata chiesta da Paola: Paola e parola sono quasi uguali. La consonante liquida, erre, trasforma il suo nome proprio nel più perfetto utensile della specie umana. Così perfetto che viene impiegato dalla divinità monoteista per la sua creazione. Prima dice, poi il creato avviene. E disse: questo e’ il suo verbo più frequente.
In mano alla specie umana l’ utensile subisce smussamenti, usure, perdite di manico e di senso. Il peggiore disuso è la mancanza di responsabilità.
Come per l’ affresco è il gesto del pennello, così deve tornare la parola a essere irrevocabile.
Come per la potatura dell’ulivo, così la parola deve portare solo rami a frutto.
Credere, credo, credito: questo è l’ olio spremuto a freddo, unguento dell’onore di una vita umana. Quando non comporta l’ onere delle conseguenze, l’utensile parola e’ disonorato.
Dire “Ti amo”, cantarlo oppure scriverlo sui muri, sulle pagine, sullo striscione a strascico di aereo, su marmo o sulla sabbia: non e’ artiglio retrattile, ma unghia che ricresce e si rinnova.
Meglio, se no, tacere :”Silenzio, tu sei quanto di meglio io ho udito”, scrisse Pasternak rivolgendosi alla sua stravagante specie umana, in lode di parole custodite.
Posso sapere in quale passo della Bibbia o del Talmud è riportata questa frase? “Finche’ sono nella tua bocca tu sei il loro signore, quando sono uscite dalla tua bocca tu sei il loro servo”.
grazie
mi chiamo amedeo blasi, sono il padre di Niccolò arrestato il 9 dicembre per i fatti “no tav” della notte tra il 13 e il 14 maggio 2013
Caro Erri De Luca,
avevo pensato di esternare la mia ammirazione per l’istinto con cui tu ti esprimi, nella poetica della tua prosa e in questo “Utensile perfetto”. ma il disvelamento che tu fai mi ha lasciato di stucco, non ci riesce a prenderti.
pertanto,
ecco cosa penso di te:
Poeticamente abita l’uomo
In un adorabile azzurro fiorisce, con il suo tetto di metallo, il campanile.
Gli volano intorno le strida delle rondini, lo circonda il blu più commovente.
Il sole, intanto, va in alto e dà colore alla lamiera, ma lassù, nel vento,
quietamente gracida la banderuola.
Così se uno scende sotto la campana, giù per quei gradini,
è una vita davvero tranquilla – perché, quando la forma è così isolata,
risalta la docilità dell’uomo.
Le finestre, attraverso le quali risuonano le campane, sono come dei portali di bellezza.
Quei portali, in realtà, siccome se ne stanno lì in armonia con la Natura,
assomigliano ad alberi della foresta.
Ma la purezza è anche bellezza. Internamente, dal diverso sorge uno spirito grave.
Tuttavia le immagini sono talmente semplici, talmente sacre,
che spesso si ha paura di descriverle.
Ma i Celesti, che sono sempre buoni, hanno come i ricchi, insieme, virtù e gioia.
All’uomo è concesso imitare tutto questo.
E’ permesso ad un uomo, quando la vita è solo pena,
guardare verso l’alto e dire: voglio essere anch’io così? Certo.
Fino a che l’amicizia, la Pura, si trattiene nel cuore,
l’uomo non si misura infelicemente con la Divinità.
E’ ignoto Dio? E’ Egli manifesto e aperto come il cielo?
Questo credo io piuttosto. La misura umana è tutta qui.
Pieno di merito, ma poeticamente, abita l’uomo su questa terra.
Ma l’ombra della notte con le stelle non è più pura, se così posso dire,
dell’uomo che si chiama immagine del Divino.
Friedrich Holderlin
Caro Erri,
la tua riflessione sulla Parola la condivido e mentre leggevo mi veniva da affiancare al peso
della Parola (che esce dalla bocca) anche due organi/attività che gli fanno buona compagnia: l’Udito e la Vista. Ascoltare e Vedere. Ascolto/Parola/Vedere. Non vuol essere un’ordine rigido ma mi fa pensare a Genesi dove lo spirito/rùah di Elohim aleggiava sul volto delle acque dove nel silenzio Elohim ascolta; l’ascolto si fa parola e la parola si fa creatrice di bellezza … Vide…
Ai tempi nostri è triste constatare quanta gente sente ma non ascolta; guarda ma non vede.
Ci sarebbe altro da dire ma mi fermo a ” questo piccolo sassolino lanciato nell’acqua”.
Un abbraccio