Nell’ingombrante abuso di termini inglesi nel nostro uso corrente, succede che alcuni diventino di moda e siano ripetuti meccanicamente dalle cronache.
Il nefasto lock down non ha ragione di essere preferito alla sobria chiusura, applicata con sorprendente disciplina da noi meglio che nei paesi anglosassoni. Dovrebbero loro adottare il nostro termine.
Fake news, notizie false è l’espressione più frequente da qualche anno, a causa della singolare personalità del presidente USA in carica e in prossima discarica. La quantità di balle e strafalcioni da lui pronunciati sono pari soltanto alle volte in cui negando l’evidenza ha accusato lui stesso la realtà di dare informazioni false.
È specialità del nostro tempo la fragilità della parola verità. La sua consistenza precaria dipende da chi la pronuncia, dal pulpito e dall’abito.
La sua durata è effimera, termine di origine greca che indica il tempo di un giorno. In botanica si usa per fiori che vivono poche ore. Nelle feste rinascimentali gli apparati effimeri indicavano i fuochi d’artificio. Stanno così le cose con la verità dei fatti, abusate da artificieri che sfruttano il buio per apparire attraenti. Alla luce del giorno sono solo petardi chiassosi. La notte, il buio sono procurate gratis dall’opinione pubblica, credulona e buongustaia di fritture d’aria, di aria fritta. La credulità è oggi il più diffuso disturbo della percezione.
Fake news: come può definirsi notizia, seppure falsa, un’affermazione contraria alla realtà e all’evidenza? Dire per esempio che in USA si muore più per generiche influenze anziché di Covid, mentre i numeri effettivi sono totalmente opposti?
Questa affermazione non ha e non deve avere diritto alla definizione di notizia. Equiparata a notizia, degrada tutte le altre. È invece una menzogna aggravata dall’incarico pubblico di chi la pronuncia. Non appartiene a nessuna specie di notizia.
Se dico che Napoleone Bonaparte è vivo e fa il pescatore a Sant’Elena, dico semplicemente una balordaggine qualunque.
Va custodita con cura l’importante parola notizia, affidata all’informazione pubblica. Serve a seguire giorno per giorno la vita della comunità umana. E va liberata dell’aggettivo falsa, in tempi di balordi in carica.

Ascolto il Giornale Radio di notte, così custodisco la parola notizia sotto il cuscino.
Intreccio pensieri zen semiseri con un lupo, al limitare di qualche reato di percezione… Ma la notizia, come affetto dell’anima, è inizialmente una percezione.
Il legame tra significante e significato, simile ad una “sfoglia” di simboli, quella radiofonia interiore continua, può essere spezzato dall’immagine acustica di un pernacchio.
Il pernacchio, nella sua forma letteraria breve e vuota, risveglia alla verità dello zen la specie scimmiesca in cui ci siamo evoluti a partire da alcuni presupposti, come la ripartizione delle risorse del pianeta… Secondo Mark Rowlands nel suo “Il filosofo e il lupo”, la nostra specie scimmiesca vede la vita “come un processo di valutazione delle possibilità e di calcolo delle probabilità per poi sfruttare i risultati di quei calcoli a proprio favore”. Non può non aver sviluppato un linguaggio menzognero di codici, di chiacchiericcio, come nesso con la realtà, allo scopo di impossessarsi di quelle risorse e usarle per i propri scopi. È il motivo per cui la specie scimmiesca è sopravvissuta, stratificandosi sulla specie umana.
Ci vuole disciplina, allora, quella che rende possibile le più alte forme di verità e di libertà come l’esenzione del senso; è la pratica di enunciati brevi, il pernacchio ne è un esempio, da ripetere, semmai, da rimasticare, cioè, fino a che casca il dente.
Una volta svuotato e prosciugato il chiacchiericcio della scimmia, non resta che quello che siamo in realtà, eterno e immutabile, ed osservarlo : lasciare parlare del mondo il lupo che c’è in noi…
Scrive Rowlands : “Tu sei molte cose. Ma il tu più importante non è quello che ordisce complotti, ma quello che resta dopo che sono finiti… Non è quello che cavalca la fortuna ma quello che resta quando la fortuna ti gira le spalle”.
“Non può non aver sviluppato un linguaggio menzognero di codici, di chiacchiericcio, come nesso con la realtà,“…. in teoria qualunque linguaggio e qualunque codice sono menzogneri, rispetto alla realtà. Si tratta di stabilire una forma contrattuale di condivisione, per cui è menzogna tutto ciò che non rientra in questo accordo condiviso pur mantenendone l’apparenza
Sai tesò, la verità oggi è una merce inestimabile. Sto studiando preistoria in questi giorni, e mi accorgo passo passo, esame dopo esame, che alla fine per la Storia solo le cose spontanee hanno davvero valore, come qualche archivio intonso e i resti dei mondi antichi non messi là per esser ritrovati ma scovati per caso fortuito. I resti dell’umanità sono verità storiche…Ma la verità deve essere sempre destinata al caso? Io non credo. La verità è responsabilità comune, soprattutto se è maneggiata per il bene collettivo. La verità, per esempio, di dire in tempo alle persone che sarebbero state investite da un virus… che non c’è stata. La verità di dire “state a casa che lo Stato interverrà sui redditi”, che c’è stato in modo irrisorio. La verità delle notizie quotidiane, che puzzano di lecchinismo e di muffa, senza mai dare vere indicazioni…. Tesò, non è solo l’uso di parole straniere a confondere volutamente, è anche il non detto che non assolve nessuno, dal conduttore tv al parlamentare, dal giornalista prezzolato alla diretta social del solito motivatore che ti vuole convincere tra destra e sinistra. Oggi più che mai prezzo e valore hanno due accezioni sostanzialmente diverse riferite alla parola verità: il prezzo è la consapevolezza, il valore è inestimabile… proprio come qualsiasi reperto della storia scovato da terra o acqua. Peccato che chi la maneggi non sappia né l’uno né l’altro, nemmeno quanto sia importante avere un rapporto di fiducia con chi si affida a chi diffonde notizie o con chi governa; danno tutti per scontato che noi si digerisca tutto e sempre… fino a che poi qualcuno non gli vomiterà in faccia. Non è solo l’America ad avere il problema della verità, noi siamo maestri di stronzate come tutti gli altri…e questo dipende dal tipo di persone che ci sono oggi: niente verità se a monte c’è chi la distorce per interessi diversi… in Piemontese si dice “Quand la merda la monta in scagn o che la spuzza o che la fa dagn” ( Quando la merda monta in cattedra, o puzza o fa danno). Cosa ci si aspetta dalla merda, che profumi? Io… io mi difendo con le tue parole, e con altre pochissime che passano un fitto setaccio. Lì trovo spontaneità e verità quanto ne voglio, di parole fesse di contenuti sono stanca. Già ne leggo tante per gli esami, mi risparmio almeno quelle inutili che non portano a niente, se non a spot pubblicitari tra un blocco di idioti e l’altro. Tvb <3 il tuo tappino.
Amen e grazie