Virginia Woolf scrisse: “To the lighthouse”, tradotto con “Gita al faro”. La sagoma di sentinella del faro gode di una amichevole reputazione, inadatta allo scopo della sua luce. Non deve suscitare attrazione, ma repulsione, perché avverte i naviganti del pericolo di terre emerse e di scogli vicini. Il faro consiglia di stare alla larga, non di farci gite.
Simile è il servizio dei segnalatori di allarme, quelli che avvisano la propria società dei pericoli che circolano a sua insaputa, dei veleni sparsi, delle opere nocive, pubbliche e private, delle corruzioni che distorcono le precedenze, delle informazioni al servizio dei consigli di amministrazione e non dei lettori.
La loro luce di faro intermittente e ossessiva è spesso insopportabile, chi la guarda poi sente il bisogno di distrarsi. Anche riconoscendo nei segnalatori i messaggeri di urgenza, ci si stufa di loro.
Una volta esisteva la figura del profeta, un guastafeste autorizzato nientedimeno che dalla divinità. Nella storia sacra sono raramente ascoltati con il successo di Mosè. Più spesso sono ignorati o perseguitati. Portano messaggi scandalosi. Geremia in Gerusalemme assediata dai Babilonesi, si trova costretto dalla divinità a predicare la resa al nemico, a essere il traditore dichiarato della resistenza all’assedio. Chi ascoltava lo disprezzava, lo buttava in un pozzo.
I segnalatori di pubblico allarme, i guardiani del faro, ripetono anche a vuoto il loro messaggio, senza varianti, senza concessioni allo stile, all’intrattenimento. La loro resistenza coincide con l’insistenza.
Ma quando all’improvviso sono ascoltati, quando la loro voce pubblica viene riconosciuta necessaria e viene eletta a pubblica autorità, succede nelle fibre di quella comunità un tempo di attesa, miscuglio di speranza e di pretesa. Ci si aspetta da loro il sottosopra. Ma niente può avvenire senza il mutamento del pubblico costume. Il faro ha forza di illuminare squarci, ma i cambiamenti fermentano nell’ombra, nel tempo privato di ognuno, nei rapporti del singolo cittadino con il vantaggio comune. Si tratta di un rivolgimento sentimentale che smuove energie profonde, capaci di coinvolgere la buona metà dei cittadini rimasta inerte a osservare l’effetto irradiante del faro.
Non si tratta di farci una gita, ma di fare continua e sparsa in ogni luogo la sua illuminazione intermittente.
Erri De Luca
Perché mi viene in mente Galileo Galilei ?
Del “faro” si tratta di fare continua e sparsa in ogni luogo la sua illuminazione. Una volta esisteva la figura del profeta. Allora, quando all’improvviso veniva ascoltato, quando la sua voce veniva riconosciuta succedeva un tempo di attesa , miscuglio di speranza e di pretesa . “Miscuglio di speranza e di pretesa”
nel contesto della comunicazione in sospetto di verità é caduta dei gravi, per me sospetto di reincarnazione, moentanea.
L’inerzia è un rischio che sfiora l’ accidia.
È ciò che mi disgusta in assoluto, soprattutto in ambito pubblico e sociale.
Purtroppo chi si macchia di tale colpa non ne è quasi mai consapevole…il popolo bue! Ciò non significa essere per forza di cose attivisti, ma allerta sì, e attenti appunto, alle luci dei fari.
un faro è un faro,è un faro
in attesa di moderazione canticchio_que sera sera_pensando all’uomo che sapeva troppo
da osservatori a osservati
Vedo un faro con le stelle: cinque!