Mi accosto alla slabbrata differenza tra rinuncia e rifiuto, che attraverso alcuni casi tento di distinguere. Il finale di questa nota dimostra che non sono riuscito.
Celestino V dette le dimissioni dall’incarico di papa. Nel suo caso l’abdicazione è una rinuncia.
Dante allude a lui nel canto terzo dell’Inferno: “che fece per viltade il gran rifiuto “. Ma Celestino non rifiutò il papato, accettò l’elezione. Fu circa quattro mesi dopo (dicembre 1294) che rinunciò.
Si sentiva ostaggio e poi lo divenne fisicamente da dimissionario, arrestato e rinchiuso dal papa successivo, Bonifacio VIII, per l’anagrafe Benedetto Caetani. Il caso di Celestino è di rinuncia non di rifiuto, che gli avrebbe invece salvato la vita e anche la reputazione di monaco eremita.
In alpinismo la rinuncia a raggiungere una cima coincide spesso con una legittima difesa.
Lo stesso può dirsi anche del caso della fuga. Demostene così ne ha racchiuso il valore: “L’uomo che fugge può combattere di nuovo”. Lo stratega cinese di epoca precristiana, Sun Tzu considera la fuga il migliore dei 36 stratagemmi codificati nel suo trattato sull’arte della guerra.
Chi resta invece nel suo avamposto destinato a cadere, compie un gesto di testimonianza ma rinuncia a salvarsi.
Ricordo una barricata degli anni ’70, in un quartiere popolare si svolgeva il seguito di uno scontro tra manifestanti e polizia. Mi trovavo dietro un improvvisato sbarramento fatto con materiali vari, tiravo sassi che una sconosciuta alle spalle mi passava. Le truppe avanzavano e quelli della barricata si stavano ritirando. Avrei voluto indietreggiare anche io, ma quella mano continuava a rifornirmi. Era evidente che saremmo stati travolti nel minuto seguente. Quella mano mi impediva la ritirata, facendomi rinunciare alla fuga.
Non importa cosa accadde dopo. Mi fisso su quel minuto in cui contro me stesso commisi un atto di rinuncia. Va usato il verbo commettere per certe rinunce che sconfinano nel torto.
Non so se Dylan andrà a Stoccolma a ritirare il primo Nobel assegnato a un cantante. Se continuerà a ignorarlo, compirà un atto di rifiuto, che contiene la mossa di respingere.
Per finire con un po’ di ridicolo: ho chiesto un paio di volte di sposare, circa mezzo vita fa. Le risposte furono voci opportune del verbo rifiutare. Dopo di quelle ho rinunciato.
Erri De Luca
Rinunciare e rifiutare sono azioni che conducono alla medesima conseguenza.
Nel linguaggio, come si sa, è più facile trovare le differenze anziché le somiglianze.
che bello spazio
che bella compagnia
grazie Erri .
Io credo che l’emozione, se non ci fosse il tempo non ci sarebbe. Senza lo spazio invece il dolore rimane.
spazio …tempo
vengono in mente
vecchie canzoni
la mia patria è
il mondo intero
la mia legge la
libertà….
sempre,sempre
fino alla fine
del mondo
esistenza è canto
a bè bè … fesseria per fesseria allora anche io dico la mia caro il mio “io credo che l’emozione, se non ci fosse il tempo non ci sarebbe. Senza lo spazio invece il dolore rimane.”
Beccati questa Amedeo: il futuro si trova dietro le spalle perché non lo possiamo vedere. Mentre il passato ci sta davanti agli occhi, perché lo conosciamo, e quindi, lo vediamo.
Certo, accettarsi per creare uno spazio in cui c’è tutto il tempo per ascoltarsi e lasciare che un’emozione accada. Per non dover fuggire sempre.
oh! Carol………..
[…]
Serve God and be cheerful, look upward beyond
beyond the darkness of masks, the surprises of dawn
in the deep green grasses and the blood-stained wood
they never dreamed of surrendering, they fell where they stood.
[…]
(Cross the green mountain – Bob Dylan)
Finché ecco che la porta di apre…
e si apre verso l’esterno-eravamo già
dove volevamo essere sin dal principio.
D.F.Wallace
Né un consiglio, né una benedizione, né una pietra, né un indulgere a girarci intorno, nè un’istigazione all’inquinamento delle idee, né un categorico imperativo dettato dalla necessità che dalla ribalta osa trasformarsi in virtù, tanto nessuno più ci crede: round up!
un po’ di ridicolo ..Non dobbiamo temerlo
CI riporta alla realtà..
alla vita fastidiosa ma pur sempre vita ..
Rinunciare ad un no, per esempio. Sull’altare, immagino. Meglio rifiutare prima di salirci. Potesse anche solo pensarlo la bestia sacrificale.
Rifiutare di ammettere di essere nel torto, sostenendo di averne, per essere precisi. Meglio rinunciare in partenza agli ideali. Avesse una madre la possibilità di opporsi alle doglie del parto.
Rinunciare all’abisso. Meglio rifiutare di arrivarci privi di coscienza del pericolo di caduta massi ingombranti come i ripensamenti. Come funambulare senza avere la percezione del vuoto o guidare dopo aver dimenticato dov’è il freno e dove l’acceleratore. Volare con il libretto delle istruzioni stretto nel becco, ‘che nella borsa si perderebbe, come l’ultima volta le chiavi di volta del destino.
Neanche io ho rinunciato a mettermi in crisi, soltanto perché spero, e in questa sede mi succede, di indurre, se mai ne avessi facoltà, Bob Dylan a non rifiutare ciò che si è verificato oltre le sue intenzioni: di cantare anche per me che non ho potuto fuggire la giovinezza, resistere all’autunno come stampella alla follia, appenderla al chiodo ‘che, non si sa mai, qualcuno potrebbe averne bisogno. Di follia.
Qualche volta, Erri, non le viene il ghiribizzo di riprovarci? O la sua rinuncia nel frattempo si è trasformata in rifiuto…
Magari ne esce una storia da approfondire in un prossimo libro.
Ecco il grande corpo a corpo tra rinunciare e rifiutare. Probabilmente Bob Dylan è abituato agli applausi dopo una canzone, avrà paura degli accademici, non ama gli ermellini. Alla lettera non sa che pesci prendere. A Napoli si dice «un no sbroglia»…
Dylan ha già risposto a suo modo pubblicando in un unico volume
tutte le sue-Liriche-.
Evidente è il fastidio e per l’ interminabile
discutere sulla qualità della sua poesia
e per l’accanimento sulla sua persona.
Un po’di silenzio sulla scelta che farà
mi sembra il modo più decente di rendergli onore…….grazie Bob
REsistenza o resa ,mi sembrano parole
più adeguate ai tempi che viviamo.
Senza dimenticare la fuga,possibilità,
per noi,sempre possibile….è un’arte
Ma il-dove vogliono che andiamo?-
disperazione in forma di parole,di dodici
ragazze e otto bambini davanti ai blocchi
stradali,ignoranti e crudeli quindi ,proprio
per questo,penosi ,ci pone la responsabilità di domande diverse e sulla nostra di responsabilità e su quella di altri.
Lo struzzo ,ultima immagine del film di
Bunuel -il fantasma della libertà-diventerà
per noi un animale domestico?
Vivo a Sulmona, proprio all’ombra dell’eremo dove fra’ Pietro da Morrone/Celestino V ha dimorato per tanto tempo, anche se non stabilmente, perché preferiva “fuggire” dall’assedio dei “fedeli” (fans). Per questo sono rimasto particolarmente colpito, caro Erri, dal tuo scritto sulla differenza tra rinuncia e rifiuto che condivido in pieno e puntualizzo ogni volta che vengo provocato. Mi piacerebbe tanto farti avere un mio personalissimo scritto sulla vita e soprattutto sulle scelte e le idee di Pietro Angelerio, poi Celestino V. Mi mandi un tuo recapito postale, per potertelo inviare? Grazie! Pasquale Iannamorelli – Via Montello, 12 – 67039 SULMONA – cell. 349.5843946