Il primo si chiamava Iosef, Giuseppe, e andò in Egitto da schiavo, venduto dai fratelli. L’emigrazione è una scelta forzata, nel suo caso neanche ci fu scelta, ma deportazione. Fece carriera come interprete di sogni, divenne primo ministro, secondo solo al re, lì detto Faraone. Dietro di lui seguì il resto della famiglia, come succede a chi apre una pista. E fu così che i dodici figli di Giacobbe/Israele diventarono popolo fecondo tra le piene del Nilo.
Lavorarono in edilizia, costruirono piramidi, strani edifici senza finestre e tetto. Durò 400 anni la residenza, restando se stessi, non assimilati agli Egiziani.
Poi le circostanze descritte nel libro detto Esodo da noi e Shmot da loro, li spinsero a estirparsi dalla terra del fiume e a sperimentare il suolo opposto, nel deserto. Uscirono lasciandosi alle spalle dieci castighi e un annegamento di truppe egiziane sotto un’onda di piena del Mar Rosso. Erano più di un milione e mezzo e lasciarono il paese privo di manodopera. L’ architettura a piramide fu abbandonata.
Questa premessa serve a dar valore al viaggio di un altro Iosef, Giuseppe, in Egitto, molto tempo dopo. Anche a lui toccarono in sorte i sogni. In uno fu avvertito di partire subito perchè il re del suo paese, imbizzarrito da una profezia, mandava a scannare neonati, in cerca proprio di quello nato a sua moglie Miriam. Conviene immaginarsi un Iosef giovanotto e gagliardo. Nessun vangelo dice ch’era anziano. Agì perciò con decisa prontezza di giovane emigrante, pochi bagagli ben legati e via, la notte stessa.
Il suo viaggio di capofamiglia e la permanenza all’estero occupa solo due versi del libro di Matteo, unico a riferire della mattanza di Erode e del loro esilio.
L’ episodio è noto come fuga in Egitto. Il verbo greco usato da Matteo nella scrittura sacra è “anakhorèo”, che è invece ritirarsi. L’anacoreta, il monaco solitario, è chi si ritira in disparte. Iosef guida la sua minima famiglia in un pellegrinaggio di salvezza. E’ una lunga marcia, più di quella affrontata poco prima da Nazaret a Betlemme, per ordine del censimento imposto dai Romani, con la sposa incinta al nono mese.
Iosèf qui è uno stratega che esegue una ritirata ben studiata, non una scomposta fuga. Batte forse di notte piste segnate dai quadranti in cielo.
Sarà arrivato al posto di frontiera e avrà chiesto il permesso di soggiorno. Provo a ricostruire il disbrigo delle formalità.
“Come vi chiamate e da dove venite?”.
” Mi chiamo Iosef, vengo da Israele”.
” A volte ritornano” avrà commentato ironico il capoposto.
” Arieccolo, si ricomincia”, avrà aggiunto il subalterno.
“Qual’è il motivo del vostro viaggio?”.
“Richiesta di asilo politico”.
“Cosa vi minaccia, che pericolo vi costringe?”.
“Il re del mio paese si è messo a uccidere neonati”
“Ebbene? Se dovessimo accogliere tutte le famiglie con bambini in pericolo, si svuoterebbe il mondo e sprofonderebbe l’Egitto sotto il peso”.
“Ma il re vuole uccidere proprio il mio bambino, una profezia gli ha fatto credere che sia lui il destinato a spodestarlo”.
“Allora il fatto non è politico, è un caso medico di follia. Sentite Iosef, se vi concedo il soggiorno sulla base della storia che mi state dicendo, l’ Egitto intero riderà di me. Ho accolto alla frontiera il più giovane latitante del mondo, un neonato. Ci faranno gli spettacoli nelle piazze. Spiacente non posso concedervi il visto d’ingresso”.
Dev’essersi svolto un dialogo simile al posto di frontiera. Noi sappiamo però che Iosef e i suoi vennero ammessi. Allora la conversazione dev’essere proseguita nel modo seguente.
Mentre Iosef spiegava il suo caso, una guardia controllava i suoi bagagli. Da un fagotto uscirono strumenti di lavoro.
“Un momento, Iosef, voi siete un artigiano?”.
“A servirvi, eseguo ogni lavoro di falegnameria”.
“Potevate dirlo subito, invece di questa storia del neonato ricercato dalla polizia. L’ Egitto ha bisogno di manodopera qualificata. Siete il benvenuto, ecco il vostro visto”.
Erano tempi in cui un paese favoriva i flussi migratori di forza lavoro, che aumentavano la produzione e la prosperità. A quel tempo non esistevano pregiudizi razziali e discriminazioni sul colore della pelle. Erano accolti anche i sospetti visi pallidi e i biondi.
Così fu che Iosef con Miriam e Ieshu abitò in Egitto per tutto il tempo che visse Erode. Rientrarono alla notizia della successione, forse in seguito all’amnistia che segue l’insediamento di un nuovo regnante. Il più giovane latitante del mondo tornava nella sua terra di origine, mischiato a una folla di profughi. Forse in qualche ora della sua vita breve provò nostalgia per l’infanzia sul Nilo. Forse per questo in Galilea strinse amicizia con i pescatori del lago di Tiberiade e li volle con sè quando si trattò di gettare le sue parole al mondo col gesto ampio con cui si gettano le reti. E tirarselo dietro, il mondo, a strascico.
(Foto di Paola Porrini Bisson)
Dal Settecento epoca non proprio vicina l’insegnamento dei filosofi francesi non è stato ancora recepito, il cosmopolitismo è rimasto appannaggio dei piccoli borghesi (con qualche soldo), della borghesia colta e bene accolta ecc…. speriamo che la crisi economica insegni ai nostri
giovani che il mondo è troppo piccolo per avere frontiere.