Eravamo emigranti anche noi: questo argomento che vorrebbe contrastare la xenofobia, è inefficace e non produce ripensamenti. Il ricordo di essere stati noi italiani “xenoi”, stranieri in casa d’altri e di avere subìto fobia, va usato diversamente.
L’immigrazione produce una reazione di rigetto, declinata in varietà di razzismi, in alcuni strati di popolazione locale. È una reazione fisiologica e non impedisce l’attecchimento delle nuove radici. Nei peggiori casi lo ritarda.
La nostra emigrazione ha procurato sentimenti di ostilità e il conseguente bisogno di accorparsi in distretti abitativi, descrivibili come quartieri etnici o ghetti.
Anche noi siamo stati emigranti: questo argomento serve a dire che la storia della nostra emigrazione dimostra che i flussi riescono, superando le peggiori avversità ambientali, perfino le scorrerie assassine del Ku Klux Klan, che perseguitò italiani oltre che afroamericani.
È un processo inesorabile, coinvolge le prime generazioni e produce rinnovo di popolazione. Chi vuole arrestare l’emigrazione produce solo attrito, un surriscaldamento di superfici. Chi la vuole arrestare vuole arrestare l’avvenire con il cartello: divieto di transito.
È utile ricordare la nostra emigrazione per rileggere titoli e argomenti delle xenofobie passate e subìte, dimostrando così la loro inutilità di sforzi. Chi ha aizzato allora è diventato ridicolo come lo spaventapasseri sul quale si posano gli uccelli che avrebbe dovuto scacciare.
La xenofobia è scaduta in partenza. Il consenso elettorale che può procurare è nostalgia di passato, senza effetto sul futuro.
La xenofobia è una irritazione cutanea che l’organismo sociale presto o tardi supera, guarendo.
Potendo scegliere, facciamo che sia presto, risparmiando tempo e medicine.
“Versi ne hai tu che dalla bella mente
ti vanno al cuore e scendon sulle carte,
e parte toccano altri cuori e parte
giungono al mio, così soavemente”.
Marino Moretti
Isola
Di te amore m’attrista,
mia terra, se oscuri profumi
perde la sera d’aranci,
o d’oleandri, sereno,
cammina con rose il torrente
che quasi n’è tocca la foce.
Ma se torno a tue rive
e dolce voce al canto
chiama da strada timorosa
non so se infanzia o amore,
ansia d’altri cieli mi volge,
e mi nascondo nelle perdute cose.
Salvatore Quasimodo
“Esule involontario”
Oggi 8 novembre anniversario della caduta del muro di Berlino.
La si commemora mentre se ne erigono altri.
Un ricordo nell’auspicio che crollino in fretta, che inizino a sgretolarsi ancor prima dei numerosi ponti a rischio della nostra penisola e non solo.
Il mio nome non significa niente come la mia persona.ciao
per qualcuno le differenze sono uno scandalo per noi solo grande ricchezza,l’incredibile ricchezza della vita.TENIAMO GLI OCCHI APERTI OGGI PIù DI PRIMA
per sua stessa natura,troppe le coste,per fortuna…….
Hai un bel nome beneaugurante Alba.Volevo andare a Riace poi questo tempo infame mi ha bloccato.
Tutto questo non mi impedirà di partire per un viaggio diverso.Anche di pochi giorni.Anche di un solo giorno.
Andata e ritorno.Sento prudere i miei piedi ,segno inequivocabile di inquietudine,irritazione cutanea da cui si guarisce
immediatamente pensando a cose belle da vedere.Perchè noi dobbiamo salvare la bellezza del mondo che salverà noi
nei momenti difficili come questi che stiamo vivendo.Il mondo è meraviglioso ,oggi poi un po’ di più.Quante donne giovani e
entusiaste alle elezioni americane… Sù LA TESTA …..e poi l’Italia non diventerà mai una fortezza chiusa…..
Grazie Eles; a proposito, che significato ha il tuo nome?
Recentemente ho fatto un viaggio in Sicilia; ovunque si possono osservare le meravigliose tracce di un sovrapporsi, nel tempo, di popoli e culture.
Che cosa resterà del tempo che stiamo attraversando, del progetto di fare dell’Italia una “fortezza chiusa”? nulla, se non un altro oscuro frammento da aggiungere alla lunga storia della stoltezza umana.
E ancora ascoltando Brahms–Requiem tedesco
OGNI UOMO è COME L’ERBA
E TUTTA LA SUA GLORIA è COME UN FIORE DI CAMPO
SECCA L’ERBA,IL FIORE APPASSISCE…….
ISAIA-40/ 23-24
Memoria del futuro W R.Bion
-Chi sei?—-Sono la compassione——–Aprimi gli occhi—
—NO.Vi ho mandato profeti ma non avete voluto ascoltare—-Aprimi le orecchie——-Vi ho mandato Bach—
—-Aveva l’orecchio assoluto— Temperò bene il clavicembalo—
—Mandamene uno migliore——NO,vi ho mandato Mozart—–
E la musica continua…..anche noi siamo stati emigranti……..ero straniero……
Contro il decreto sicurezza la mia personale e inutile protesta.Per il momento.
Ascolto Mozart genio divino tra i musicisti e massone in tempi non sospetti.
Tesò, faccio parte per sangue e origine di quella gente considerata ne’ carne ne’ pesce. Essendo nata qualche decennio fa, la mia pelle brunita assieme a quella di mia sorella Lucia suscitava sorpresa nelle prime classi di scuola, ‘ma siete italiane o meridionali?’ alle medie, ‘chissenefrega’ alle superiori. (Ancor prima, nei vari centri pro infanzia, eravamo le due morette sfortunate che facevano simpatia, proprio perché piccole paffute e scure, ma quella è un’altra storia). Sulla mia pelle ho capito che, come ti vede la gente, come ti vuole vedere, non dipende da noi. Mo’ sei carina, mo’ sei fuori posto, mo’ sei diversa, mo’ fa fico avere in un gruppo una che incarna nel sangue diverse provenienze, e così via… e la tua opinione non conta niente. Xenofobia è una parola che vuole inglobare troppi concetti: rivendicazione di territorio, risorse e cultura, affermazione del proprio status rispetto agli altri, ombra di bandiere dello spazio di un quadratino dove, chi ci sta dentro si sente il re di stronzolandia ( perché poi, a forza di escludere, ci si rende conto di essere inutilmente soli, comm a nu strunz). E’ una fase che passano tutte le nazioni che ‘subiscono’ l’incursione di altri popoli, anche se questi sono stati ufficialmente invitati (come nel caso degli italiani nelle prime ondate migratorie di fine Ottocento). Hai ragione te teso’, ci vuole pazienza, i popoli come le semole per la pasta in casa hanno bisogno di un lavorio lento e costante per diventare massa, nessuno puo’ sapere se verrà fuori qualcosa di buono se non alla fine, ma il tentativo vale la pena. Ma non credo come te che quella parola sia ‘scaduta in partenza’ come tu auspichi… so per esperienza che deve passare del tempo affinché scada; serve un giusto assestamento che purtroppo passa anche dall’insulto (dal ‘tornatene a casa tua’ a scendere). Xenofobia è il transito fastidioso di un treno regionale (quelli scassacazz che passano alla stessa ora con lo stesso rumore vecchio), cui tutti, passeggeri e abitanti attorno al tragitto, devono far abitudine. Prima è molesto, poi diventa ninnananna, e se addirittura non passa più il silenzio t’accir ‘a salut. La pelle è una frontiera tesò, e i muri sono molto alti. Tvb, il tuo tappino.
Sai cosa penso veramente? Che soltanto le catastrofi naturali non si sono impoverite di senso umano, poiché l’uomo è parte della causa in causa. Ma soltanto i complottisti e i cabalisti ne sono coscienti. Tutti gli altri simboli sono stati svuotati, ridotti a feticcio, tanto da aver perso ogni potere fascinoso sull’uomo, povero in spirito e “candela al vento”. (Paradossalmente questo lo salverà). Lasciar scorrere sembra davvero l’unica soluzione: a volte non opporsi all’onda può salvare il senso di un mondo intero, che si inabissa in attesa del tempo migliore per riemergere e solo in questo caso abdigare al libero arbitrio non vuol dire delegare le proprie responsabilità.
Se non ora, quando l’essere umano si ricomporrà nell’intero, però, non è dato ancora sapere: nuove regole non gli servono, se basta non rispettare quelle che ci sono già per sentirsi veramente libero e fuori dal ghetto. Abbi cura del tempo, questo sì, perché potrebbe arrivare quando meno te lo aspetti.
per fermare l’emigrazione c’è solo un metodo: migliorare le condizioni di vita e applicare la giustizia. Avremmo così non disperati, ma turisti.
Mi chiedo dove è finito Mimmo Lucano che una risposta aveva saputo darla.
E pure una risposta intelligente perchè solo la mescolanza può salvarci dalla deriva che stiamo attraversando.
Questo è un paese di vecchi ma non per vecchi. Non è neppure un paese per i nostri pochi giovani.
Ci si chiede che paese stiamo diventando.Etty Hillesum scriveva-vorrei poter toccare con la punta delle dita i contorni di quest’epoca-
Vorrei poterlo fare anche io perchè il vento alle spalle ci spinge in avanti verso un futuro che o sarà più equilibrato nella distribuzione delle risorse,
nell’attenzione al fragile equilibrio della terra o il mondo diventerà un posto abitabile per pochi.Ma sì ,in questo momento voglio sperare
che la xenofobia sia una irritazione cutanea da cui guariremo presto.Bisognerebbe ricordare più spesso che QUI siamo solo ospiti di passaggio
…chissà se Donald Trump lo sa di essere uno “spaventapasseri” nel suo “orticello”…
Una generazione,quella del 68,è stata troppo ottimista.Ha sopravvalutato il futuro credendo alle
-magnifiche sorti e progressive- comunque.Niente è mai dato una volta per tutte,nuovi pregiudizi crescono.
Ma il Supremo o chi per LUI ha fatto il mondo a colori e non saremo noi a cancellarli con un colpo di spugna.
LA XENOFOBIA è SCADUTA IN PARTENZA,scrivi,anche io ne sono convinta.A da passà a nuttata