Un ragazzo Eritreo si assottiglia, dimagrisce, non per anoressia ma per durata fame.
Al corpo succede di togliere dai nervi lo stimolo del cibo dopo i primi giorni. Il bisogno si scatena nel sonno, ma in veglia il corpo esplora se stesso, raschiando fino all’osso, divorando i muscoli.
Nello stordimento della lunga inedia ci sono sprazzi di tagliente lucidità.
In quei momenti il ragazzo scrive una poesia al mondo. Si mette dirimpetto alla specie umana.
Non dice, non ripete: se questo è un uomo.
Chiede come riusciamo noi a sopportare la vista del fantasma della fame.
Intorno a lui si voltano dall’altra parte.
Il ragazzo è in viaggio da quando è ragazzo, da tutta la vita.
L’ Africa immensa è stata la sua scuola e la suola dei suoi piedi scalzi.
É arrivato in vista del Mediterraneo, le sue piccole onde che si accalcano fitte, diverse da quelle distanti e scroscianti del suo Mar Rosso, con forza di spruzzare sale sui cereali e sui quarzi in collina.
Le piccole onde del Mediterraneo ingannano, il vento le scava con buchi profondi.
Il ragazzo e la fame ci sono saliti. Un verso di antiche scritture dice : “Manda il tuo pane sopra i volti delle acque “. Forse il pane si trova sulle onde e lui lo troverà, quel pane lasciato in offerta.
I giorni fanno il giro e il mare resta una credenza vuota.
Arriva un bastimento, la salvezza è un miraggio per gli allucinati a bordo del canotto. Non credono finché non toccano una mano.
Il ragazzo è issato lungo la murata, poi disteso sul ponte.
Lo dissetano, vomita quei sorsi. È tardi, il suo corpo è un deserto che non si fa irrigare. In terraferma sbarca per morire.
Ha fatto in tempo a scrivere la sua lettera al mondo.
La ricevo da Carlotta Sami che sta coi rifugiati e i rifiutati, per conto dell’ONU.
Questa pagina è una prefazione.
Non ci sono parole………………………………………………………………………..
grazie Valeria Dell’ANNA impeccabile distinta precisa come sempre (solo raramente un po’ saccente)
per dire dare vento al vento……..e accettare anche la pioggia quando cade e pure benedire le giornate di sole e pure questa unica nostra vita
“When you were young and your heart
Was an open book
You used to say live and let live
(You know you did)
(You know you did)
(You know you did)
But if this ever changin’ world
In which we live in
Makes you give in and cry
Say live and let die
Live and let die” […]
(Paul McCartney)
Basta con questi attacchi come risposta, senza aver nemmeno capito la domanda retorica che un essere umano confida al vento. Mentre un altro al vento dice sì.
a DUMA settanta morti per un attacco chimico.Basta con la retorica che la risposta è nella domanda.Ancora una volta è nel vento.E ha lasciato segni
Quanto è vero che le risposta è nella domanda!
O NEL VENTO,LA RISPOSTA
BUONA DOMENICA A TUTTI
Al grande mistero della vita rispondo ( e a me basta) con le parole di un poeta
-Vedi,io vivo.Di che?Né infanzia né futuro
vengon meno……….Innumerabile esistere
mi scaturisce in cuore.
ti lascio ai tuoi tormenti che forse sono i momenti che ti rendono viva l’esistenza.ciao
O illusione!
Non penso che gli esseri umani siano così evoluti. Sonnambuli, appunto. Deresponsabili deleganti del senso. Come il dolore è l’amore: trovargli un senso non è umano.
Non basta aver conosciuto la fame.Siamo sonnambuli quasi sempre.Gli esseri umani cercano due cose nella vita:libertà e senso.Coincidono solo quando c’e accoglienza
Bisogna aver conosciuto il fantasma della fame per saper anche condividere? Oppure non è invece l’egoismo, la reazione spontanea per farlo scomparire?
Gesti umani, parole umane, cercando di arginare questa “arida stagione bianca”… Per questo il mondo non è soltanto un cumulo di macerie.
Grazie Erri.
Neanche io .So solo che cerco di vivere la vita come posso
Il ragazzo Eritreo “chiede come riusciamo noi a sopportare la vista del fantasma della fame.”
Non so rispondere.
DRY se volevi portare un po’ di farro-allegria non ci sei riuscita.peccato….
Forse pubblicato su tutte le prime pagine servirebbe a smuovere coscienze!
“Shallah lahmekhà al pené hammaim”…
È lì che bisogna mandare il pane dopo averne fatto sei o otto parti per i giorni a venire.
Un ragazzo morto per fame,forse un lenzuolo bianco lo ricopriva…ma non risorgerà come Lazzaro.Era solo un ragazzo ,mi chiedo se nel suo peregrinare disperato abbia incontrato un amore o se la fame toglie anche quello.Altro è il desiderio nell’attraversare deserti
Grazie Erri per aver trovato le parole per parlare al cuore di tenebra di questa Europa
Oggi è solo un grigio vagabondare della mia mente negli occhi di quel ragazzo.
Mi sembra di vederli, spruzzati di Africa di Etiopia e di tutto Sud del mondo.
Non basta voltarsi dall’altra parte, tutti i suoi giorni perduti e prosciugati dalla fame sono nei sogni – incubi – di tutti noi vivi – sopravvissuti.
La terra gli sia lieve, come il mare non lo è stato.
La nostra esistenza stessa dovrebbe essere una prefazione. Dovremmo provare più gratitudine per la vita, per rispetto a chi la perde in modo così ingiusto.
Niente si può togliere al passato-quel che è stato è stato.
Reinterpretarlo questo sì-poi dire fu così e così.
Accettare il nostro destino-questo il compito
quasi tutto ci viene dall’esterno e il nutrimento e l’aria.
Quando ci affacciamo sulla soglia avanziamo di faglia
in faglia-siamo storditi dopo il paradiso-
stupefatti e della trama e dell’ordito
_E’ tardi,il suo corpo è un deserto che non si fa irrigare.
In terraferma sbarca per morire_
Ragazzo Eritreo la terra che hai percorso con piedi leggeri,ti sia leggera……..
A noi il compito di liberare parole per liberare mondi………..
Leggerò la sua poesia al mondo ma non qui ,dove sarò la mia gabbia toracica si sarà allargata di nuovo per accogliere ancora bellezza meraviglia tenerezza.
La pubblicherai la prossima settimana vero?un abbraccio a Carlotta Sami e a te
Fumo fumo fumo.La sigaretta mi toglie la vita e me la restituisce sotto forma di pensieri.
Ci sono giornate in cui si è in libera uscita.Il giovane Eritreo mi gira in testa,questa di oggi,
-martedì tre aprile-la considero la sua festa.Molti (perchè sono tanti )dementi penseranno
a un paradiso di soli eritrei e saranno contenti.
Quanti inutili sforzi per tenere gli altri lontano da noi,muri ,fossati, antica pratica umana e quanto vana.
Ho voglia di partire di non pensare più_il mio cuore è un muscolo troppo rissoso
Il farro che né Erri né il Papa siano incisivi… mi deprime…
Onore per me che sono donna leggere che appartiene al genere femminile la persona che “sta coi rifugiati e i rifiutati”.
Qua ripeto il suo nome, Carlotta Sami, per sottolineare il suo meraviglioso esempio.
Quel che si dona si possiede per sempre.
Di tutte le cose fisiche avute in eredità da mio padre, altro ragazzo eritreo fuggito (ma con esito positivo), mani e piedi mi segnalano al mondo come figlia sua, senza appello. (Gli occhi no. Quelli li ho agganciati da sua madre, assieme alla poesia del nonno materno che chissà perché fa visita proprio a me, su 24 nipoti…). Di quel che hai scritto su questo mio sangue che non ce l’ha fatta , sono i piedi, e non la sua fame, a rimanermi nel cuore. Quelli che han retto il suo peso sempre più lieve, e che hanno spinto le parole fino alle mani per scrivere il suo saluto, pianto, accusa. Tu hai scritto parole sensibili sui piedi…ci hai aggiunto una primizia oggi: L’Africa come suola di piedi scalzi di un ragazzo che voleva solo un’opportunità di vita. E’ testamento di fratellanza che salva dal lutto…non dalla vergogna occidentale. Ed è giusto così. Ciao poeta ❤
Aveva un nome il ragazzo Eritreo.Vita spezzata.
Parole come spilli pungono la giornata
mi sento risvegliata ma sono svogliata.
-Il ragazzo è issato lungo la murata,poi disteso sul ponte_
Un pezzo di vita in forma di parole che non scodinzolano allo spirito del tempo.
La loro bellezza mortifica l’Occidente. Clara Giovanetti
A volte li guardo. Belli, lucidi, dinoccolati, sofferenti ed intelligentissimo…e mi chiedo se la paura che vedo di essi attorno a me non sia terrore di constatare la loro superiorità. Di non scoprire che sono il vero futuro del Pianeta, noi, invece, destinati all’estinzione. Vorrei salvarli tutti.