Chi va in montagna si sente spesso chiedere se non soffre di vertigine. Evidentemente no: l’aria che ci si trova sotto i piedi è fatta di lente mosse verso l’alto, non è perciò un baratro ma una distanza. Anche se in metri è la stessa di quella dal balcone di un grattacielo, cambia il controllo dell’esposizione al vuoto.
In qualche sera d’estate, lontano da sorgenti luminose, mi sdraio faccia in su e allora sì che provo la vertigine dell’abisso che precipita su di me. L’immensità che mi sovrasta mi procura un crampo alla bocca dello stomaco, poi una respirazione profonda. Quello spazio si sporge su di me. È la variante fisica del sentimento religioso che non provo.
Chi ha invece una fede, stabilisce un’intesa tra se stesso e un creatore universale, si sente così parte dell’immensità. Io sento di condividere con l’universo poco più dell’idrogeno, il gas di cui è composto lo spazio.
Nel sogno di Giacobbe a Betel c’è una scala che unisce terra e cielo, con angeli che ne percorrono i gradini. È per me la precisa immagine della fede, il collegamento stabilito tra la persona in basso e la divinità in cima alla scala. La loro distanza è percorribile con mosse di avvicinamento.
In alpinismo il primo passo che stacca il corpo da terra inaugura la salita di gradini invisibili. Lo scalatore riproduce su materia terrestre la scala sognata da Giacobbe. Ma sulla cima trova solamente altro cielo, altra altezza dalla quale ci si deve dimettere scendendo, cercando di non precipitare.
Erri De Luca
A me basta la vertigine del cielo stellato su di me o della sabbia calda sotto di me o dell’ acqua gelida, nel silenzio piu’ totale, di un laghetto alpino: vertigine e’ sentirsi parte del tutto.
“Su quella nave ti senti tra te stesso e l’infinito, se guardi il cielo; tra te stesso e l’inferno, se guardi sotto di te, nell’abisso che ribolle. Poi ricordi di aver cominciato ad amare il mare quando hai imparato ad immergerti e pian piano ti sei avvicinato a Lui: quella statua di Gesù sommersa.”
In questo modo, un vecchio lupo di mare mi raccontò la propria “totemizzazione”, che poi è la scoperta della dimensione orizzontale, la fede in se stessi e nel “branco”, che si intreccia a quella verticale…
Allora pensai di essere in grado di volare, ma non sappi prendere una decisione netta. Certo che non sarei stata sola: se ne vedono ancora oggi di uccelli strani che, grazie a maschera e boccaglio, possono dominare dall’alto l’elemento liquido nel quale sono avvolte le montagne sommerse.
Così per molto tempo ho legato la mia fede al momento in cui un Dio sale su una croce, perchè era l’unico elemento che la ragione sapesse attraversare… e fosse in grado di immaginare. Tuffarsi è emozione che richiede di affidarsi. Altra cosa, ho scoperto in seguito.
Vertigine è la sensazione di caduta. La provo nei miei incubi notturni, legati ad angoscia per problemi familiari o ad ansia per un esame, allora sogno di trovarmi chiusa in un ascensore che precipita.
La salita in montagna è ascesa verso il resto dell’universo, pieno di natura e di animali ma vuoto di uomini e di rumori, promessa di un paradiso senza problemi. La discesa è costrizione, rientro nella quotidianità, e l’attenzione necessaria a dove si poggia i piedi non lascia spazio ad altre sensazioni.
forse non riusciamo ad abbandonarci abbastanza
forse chiediamo senza chiedere veramente
forse la scala di Giacobbe ,oggi,è la vertigine
che ci abita,scalini da fare scendendo,giù,in basso.
sulla cima solo altro cielo altra altezza solo questo
Ciao amo’ 😀 , qui in Piemonte (più che in altre zone) arrivano spesso notizie di persone che si arrischiano a fare escursioni o scalate in tempi in cui la natura stessa, con varie avvisaglie, sconsiglia il movimento umano. Eppure le teste di cz che ogni anno si spaccano sulle Alpi continuano a aumentare. ( A non bastare, aumentano anche le adesioni a sport estremi… qualche giorno fa abbiamo avuto notizia di ben tre base jumpers che si sono schiantati sulle rocce a seguito di …’incidenti tecnici’?.. si sentono tutti Highlander per trovarsi solo uomini rotti ). Dimmi se puoi, che necessità c’è di mettere a repentaglio la vita per uno sport…? Io non la capisco ‘sta cosa… che è in realtà: una sfida con Dio a chi riesce a irritarlo prima? Io non so cosa proviate voi scalatori… altezza, brivido del rischio, soddisfazione della vetta raggiunta… tutto o niente. Ma sostieni che la mossa di salita verso il monte sia assimilabile alla scalata di fede… be’, c’è un filo sottile che divide l’ascesa verso Dio per desiderio di incontro e la superbia di farcela a ogni costo a toccar altezze che non sono, per loro natura, a portata di uomo. Ci ha già provato qualcuno, costruendo qualche annetto fa una torre d’orgoglio puntata come testa d’ariete verso la sua porta, e guarda com’è andata a finire. Fermo restando che ti parlo da vera cacasotto dei vuoti d’aria e del mare aperto, e che so che non sei uno di quei cazzari che si improvvisa esperto di una disciplina per poi far la fine dello stronxo in un crepaccio qualsiasi… prenderesti in considerazione l’idea di cambiar passione, dedicando il tuo tempo libero, che ne so…: agli scacchi? Kiss.
Splendido passaggio Bibi, quando dici “c’è un filo sottile che divide l’ascesa verso Dio per desiderio di incontro e la superbia di farcela ad ogni costo a toccare altezze che non sono, per loro natura, a portata d’uomo”.
A ben guardare il filo non è poi così sottile…ma so di persone di profonda fede che sentono il richiamo delle Cime forte e imprescindibile tanto quanto lo è la loro spinta verso le Celesti Altezze. Tutto dipende da con che spirito si affrontano entrambe.
😉
Il mio pensiero su vertigine é mamma non ci sei più e io non posso tornare